Recensione: Exhumed Information
Bell’idea, quella dei Fulci. Unire death metal e genere horror non solo nel concetto, ma anche nella musica.
Tutto è partito nel 2014 dalla volontà di rendere omaggio al padre italiano ma con valenza internazionale del gore, Lucio Fulci, appunto, le cui pellicole, perlopiù snobbate dal grande pubblico, mostrano parecchi punti d’incontro con il genere della morte. Segmenti in cui la musica diviene astrazione delle immagini dei film e i testi racconti brevi dei film stessi. Quinta e settima arte fuse fra loro, insomma.
“Exhumed Information” è il terzo full-length del combo di Caserta, disco che si divide nettamente in due parti: da ‘Voices’ a ‘Tomb’, brutal death metal (ma poteva essere altrimenti?); da ‘Glass’ a ‘Cemetery’, compresa l’opener-track di puro stampo cinematografico ‘Autopsy’, ambient. O, meglio ancora, la colonna sonora per il penultimo lavoro del regista romano, “Voci dal Profondo” (1991). Colonna sonora non dell’epoca ma di oggi, elaborata a base di elettronica e di sintetizzatore dal progetto musicale TV-Crimes.
Dopo la perfetta e coinvolgente entrata immaginaria nel mondo di Fulci (il regista) con la ridetta ‘Autopsy’, i Fulci (la band), partono come delle furie grazie alla summenzionata ‘Voices’. Brano che identifica un sound brutale (ma di questo s’è già scritto), aggressivo, violento, capace di avvolgere l’ascoltatore con delle spire in grado di uccidere. Fatta questa premessa, ci si potrebbe attendere un ritmo forsennato ma anche i questo caso il gruppo campano preferisce far male con ritmi piuttosto cadenzati, sufficientemente vari sì da non risultare tediosi, sui quali si sviluppano assoli di chitarra decisamente interessanti per via della loro capacità di attrarre la preda a mò di serpenti innominabili.
Questa precisa volontà di evitare di infilarsi in gineprai in cui i BPM raggiungono valori impossibili, rende – come elemento peculiare più evidente – una notevole profondità emotiva. Esattamente come un’affilata lama penetra nel petto alla ricerca del cuore, i Nostri adottano un approccio più ragionato e pertanto meno caotico alla questione. Il che, senza che si sia inventato nulla di nuovo in termini prettamente musicali, consente di godere appieno delle cinque vere canzoni inserite nel platter. Pure esse, peraltro, sono pregne di inserti ambient ubicati in sottofondo, che ne aumentano la forza visionaria (‘Funeral’).
Sottofondo regno del roco, cavernicolo growling di Fiore, in grado di raggiungere quelle basse frequenze che, anch’esse, aiutano il sound a diventare tombale come pochi altri nel panorama discografico internazionale. Di rilievo anche il lugubre basso di Klem, cupo rombare che scuote le budella quasi a prepararle per l’eviscerazione. Ma non solo loro due. Pure Dome si rivela all’altezza della situazione, grazie a un riffing continuo, marcio, putrefatto, che odora di morte lontano un miglio, e ai lisergici assoli più su citati, quasi fossero la lama di un folle chirurgo intento a smembrare un corpo umano.
Per quanto riguarda la sezione meramente ambient, non resta che immergervisi per osservare, proiettate sulla propria mente, le immagini di “Voci dal Profondo” e lasciarsi quindi scivolare in quel mondo mai troppo apprezzato del gore. Un privilegio per pochi, in definitiva.
La cinquina di song potrebbe apparire insufficiente a garantire la corretta lunghezza dell’opera per ciò che concerne il death metal. Ma, in fondo, corretto è un aggettivo che, per avere significato, va contestualizzato a ciò cui si riferisce. Che, in questo caso, è l’estrapolazione delle sensazioni, delle paure, delle emozioni che si provano quando si guardano i film horror. Anzi, I film horror.
Pertanto, si può concludere che l’esperimento sia riuscito.
Daniele “dani66” D’Adamo