Recensione: Exile
«With the dawn comes the guilt.
With the stars leave the dreams,
And with the dawn come the fears.
With the night leaves the heat.»
“Regarde Les Hommes Tomber” è un film drammatico del 1993, diretto dal regista francese Jacques Audiard. Ma, soprattutto, un gruppo, sempre francese, che dalla pellicola prende il nome. Regarde Les Hommes Tomber, appunto. Dramma, da intendersi come sostantivo figurativo indicante una vicenda, una situazione, una storia triste e dolorosa. Come quello in cui s’immergono sino a bagnare il midollo i Nostri, nella loro filosofia musicale portata all’eccesso grazie alle potenzialità uniche del metal estremo.
Nati nel 2011, vantano una produzione discografica che comprende l’omonimo debut-album, “Regarde Les Hommes Tomber” (2013), uno split con The Great Old Ones / Paramnesia / Deuil, “Sampler MMXIV” (2014) e, finalmente, questo “Exile”. ‘Finalmente’, poiché è proprio con questo lavoro che il quintetto di Nantes raggiunge la necessaria coesione, esperienza e unità d’intenti nello sviscerare la propria identità e univocità stilistica. Le note biografiche che accompagnano il CD narrano di ‘post black’, anzi addirittura di ‘sludge’.
Seppur rispettando le altrui opinioni, allo scrivente parrebbe più corretto fermarsi a ‘black metal’. Certo, gli strascinamenti lisergici e le impennate melodiche tipiche dei summenzionati sotto-generi e generi ci sono. E sono ben individuabili. Tuttavia, Thomas e i suoi compagni pestano per bene, lasciando indietro ad anni luce le eteree atmosfere degli Alcest, per esempio. La maturazione cui si accennava più sopra è ben evidente nell’opener strumentale “L’Exil”, nel quale i languidi toni cupi e armonici sono utilizzati in modo mirabile dalla band per tracciare sul cuore ciò che s’intende estrinsecare con tanta enfasi: tristezza e dolore. Una song straordinaria, dalla rara visionarietà, capace di coinvolgere, di rapire l’ascoltatore in maniera assoluta.
Cui segue, più avanti, l’anti-‘post black’ “Embrace The Flames”, brano violentissimo, a cavallo della follia dei blast-beats. Una sfuriata dalle tinte ancora più oscure del brano precedente, concepita per affondare già al secondo pezzo il colpo in profondità; laggiù dove giace l’anima delle persone più sensibili e malinconiche. Il cantato straziante di Tomas strappa letteralmente la pelle con il suo carico di dolore esistenziale, facendo emergere con prepotenza il comportamento principe che permea il black metal: la misantropia.
Come accade dopo uno sfogo emotivamente spossante, “Exile” quasi si addormenta, proponendo l’ipnotica e inquietante, nonché strumentale, “They Came…”, in ogni caso perfettamente allineata, come ‘marchio di fabbrica’, al resto del platter. Il quale, una volta messo a fuoco l’obiettivo ideato ab origine, prosegue mostrando il volto di un ensemble dalle idee chiare, anche nel proporsi nella classica formazione a cinque elementi. Donando così al sound, potenza, spessore, ‘umanità’; principalmente da individuarsi nell’uso di un batterista umano in luogo della solita drum-machine. Batterista che si rivela insostituibile, almeno a parere di chi scrive, in occasione dei numerosi cambi di tempo, dal feeling unico, così come deve essere.
Onore gloria, allora, alla micro-label Les Acteurs De L’Ombre Productions che, con coraggio e determinazione, in barba alle ristrettezze economiche del più profondo underground, regala agli appassionati la possibilità di conoscere band come i Regarde Les Hommes Tomber, e i loro lavori, come “Exile”.
Daniele D’Adamo