Recensione: Exiled, Punished…Rejected
Beltez è un progetto discografico nato in Germania nel 2002 e con all’attivo tre album, un live e alcune demo. Il sound proposto è un black metal che si sviluppa idealmente su due piani. Il primo, gelido e classicamente corrucciato, ci viene soffiato addosso con tetra malignità; il secondo è un’onirica presenza che si manifesta in una chitarra ed in melodie che idealmente ci destano dalla mestizia.
I primi due brani, ‘Prelude’ ed ‘Adamantinarx’ ci trasmettono angoscia, ma il tutto come se fosse consapevole, serenamente accettato e diventato parte di un’anima non più in lotta. Nera ombra alimentata e che, dopo averci preoccupato, ora non ci fa male. Spina conficcata, la cui testimonianza resta in un rigolo di rossa disperazione ormai secca, dimenticata. In tal senso ci sentiamo di accennare al concetto di psichedelica ed ambient, anche se siamo a livelli di sfumature, rintocchi il cui eco ci arriva da molto lontano.
Le digressioni continuano in ‘Repent and Restless’, patimento che prende voce, scandita da tempi doom, bufera che poi si scatena investendoci, incatenandoci in un turbamento profondo. Ripiombiamo in un limbo sfiorando appigli a cui non tendiamo più forze. Una spinta poi ci libera dal torpore, allontanandoci da una bolgia di suoni e pensieri.
‘Algol’ è un sussurro all’orecchio, un intermezzo che si espande in noi, aspetto più riflessivo del lotto e che mostra un’attenzione precipua alle atmosfere.
‘Exiled, Punished…Rejected’ è la nera fiamma che prende vigore e che, nella propria accezione più old school ci consuma, ardendo e poi disperdendo le proprie incandescenti ceneri in uno spazio la cui immensità ci lascia senza fiato.
Intensità interpretativa trova poi sfogo nella finale ‘Soulweaving’, ultimo alito di vita di una pace nella quale galleggiamo e che si fa eterno, crescendo che emana quel tetro fascino di un black legato alle radici della tradizione, capace però di andare oltre con personalità. Sogno che percepiamo infinito, spazio e tempo che svaniscono, vento che soffia incessantemente gelando il sangue.
“Exiled, Punished…Rejected” vive così tra fisicità e spiritualità, armonie che si incastonano con solennità a distorsioni, poesia che sublima in emozione, velo che galleggia al di sopra di un caos che non ci appartiene più.
Stefano “Thiess” Santamaria