Recensione: Existence Is Futile
I Cradle of Filth sono una formazione storica nel panorama musicale attuale e passato, che ha saputo influenzare miriadi di band emergenti, grazie al proprio eclettismo che ha permesso loro di spaziare su più sfumature lungo la linea orizzontale che corrisponde al confine fra il black metal ed il resto dell’universo musicale estremo. D’altronde il ricchissimo curriculum parla chiaro: i 13 album in studio (senza contare produzioni accessorie) testimoniano un’ispirata vena creativa e soprattutto una buona e costante risposta da parte del pubblico. E’ pur vero che non è tutto oro ciò che luccica: infatti il complesso nativo (originariamente) di Ipswich non ha passato solo periodi d’oro, anzi. Dopo i grandissimi successi della prima metà di carriera, con opere divenute classici, si è assistito ad una flessione più che netta e duratura, che ha portato a vari cambi di formazione, tanto che fondamentalmente l’unico membro stabilmente al comando del progetto è proprio Dani Filth. L’ultimo cambio di line up massiccio si conclude nel 2015, con la pubblicazione di “Hammer of the witches”, segnando un solco importante nel percorso artistico del gruppo. A differenza dei lavori precedenti, questo convince un po’ tutti, chi più chi meno, e viene bissato dal suo successore, “Cryptoriana – The Seductiveness of Decay”, facendo rumoreggiare, seppur a bassa voce, di un ritorno ai fasti passati. Riuscirà “Existence is futile” a rispettare le aspettative ed a ri-consacrare i Cradle of Filth dopo il lungo purgatorio?
Il primo (di tre) interludio strumentale, gotico al punto giusto, ci introduce a “Existential Terror”. Questo è sicuramente il pezzo più riuscito dell’album: tanta personalità per un brano d’apertura perfetto, molto vario e con inserti sinfonici piazzati al posto e al momento giusto. Bellissimo il bridge, con un pianoforte delicato e l’ingresso delle chitarre accompagnate dai synth. Pezzo curatissimo nel dettaglio e vario nei ritmi e nella composizione. Altro episodio rimarchevole di questa prima parte dell’album è “Crawling King Chaos”, che si distingue per il tripudio di atmosfere tetre e gotiche a cui dà vita, su ritmiche incalzanti e trascinanti. Poc’anzi ho definito una prima sezione del disco, questo perché i tre componimenti brevi che lo scandiscono vanno a definire tre atti appartenenti ad un’ipotetica opera teatrale, con un inizio, una parte centrale ed una conclusione. Come già detto, l’incipit dell’opera non è niente male, anzi, risulta pienamente promossa. Le dolenti note (letteralmente) incorrono nella seconda parte di “Existence is Futile”. In linea di massima si potrebbe definire questa parte semplicemente anonima. Se infatti in “Discourse Between a Man and His Soul” il controcanto femminile non pienamente intonato macchia la resa finale del brano, i due episodi successivi che portano l’ascoltatore verso l’ultimo terzo dell’album risultano abbastanza piatti, con davvero pochi acuti. Per fortuna la conclusione dell’opera è affidata a brani decisamente convincenti. Partendo da “How Many Tears to Nurture a Rose?”, con le sue derive thrash, per poi passare al black/death di “Suffer Our Dominion”, che galvanizza l’ascoltatore con le sue sequenze rapide e pulite fra chitarre, synth e batteria. “Us, Dark, Invincible” chiude il quadro perfettamente, fornendo un brano che in futuro farà scintille in sede live.
L’ultimo prodotto in studio della band di Dani Filth non passa inosservato. La divisione in tre parti dell’opera in qualche modo le dà carattere, e le idee al suo interno sono assolutamente buone; probabilmente l’ultimo cambio di line up ha donato non poca freschezza compositiva al progetto, che continua a dare i suoi frutti. A fronte di una produzione pressoché perfetta, non si può non notare la netta flessione nella parte centrale del disco. Essa rimane in qualche modo “circoscritta” e racchiusa fra due interludi strumentali, ma rende l’ascolto in unica soluzione indigesto, anche in virtù della durata dell’album relativamente al tipo di musica proposta. Questa criticità intacca inevitabilmente il giudizio finale di un lavoro che risulta sicuramente fra le uscite più interessanti dell’anno ed un gradito e (a questo punto) confermato ritorno dei Cradle of Filth ad alti livelli.