Recensione: Exodus to Hell
La label tedesca Pure Steel Records, per presentare i propri Helvetets Port, in pratica si vanta di aver riportato indietro il tempo, fino ad arrivare al 1981. In effetti, scrutando la mise dei quattro svedesi, la dichiarazione non fa una grinza: spandex, scarpe da ginnastica sgargianti, cinture borchiate, fasce sui capelli e giubbotti chiodo attillati dai colori tipici di quell’epoca. La parte che conta di più, ossia la musica, conferma alla grande la sensazione di ritrovarsi, di colpo, nei primi Eighties.
Produzione minimale, suoni lontani dal “pieno” di oggi, strumenti ben riconoscibili e una voce giovanile, quella di Witchfinder – probabilmente un nickname non proprio casuale – che pare eruttata da un’umida cantina dei sobborghi di Londra. Se le prime tre tracce servono a preparare mentalmente l’ascolto a quasi tre decenni fa, dal brano omonimo in poi è pura goduria vintage. Helvetets Port è un attacco HM in piena regola che scomoda alla grande gli Iron Maiden del periodo aureo sia per il fraseggio delle chitarre che per l’interpretazione “Diannica” da parte del singer. Diamond Claw e Fly By Night riportano ai pezzi proto-epici della terra d’Albione, da orgasmo il duello fra le due ingenue chitarre all’inizio di Killed By a Reaper, in pratica un tributo al Progressive inglese che fece le fortune dei Black Widow, rispettosamente indurito, s’intende, stonature comprese.
Commovente, poi il suono della batteria posto nei primi secondi del pezzo Huvudlös Gestalt, ancora debitore della Vergine Di Ferro, lingua a parte, visto che è interpretato in svedese. Ovomaltina a piene mani in Djävulens Triangel, impreziosita da falsetti di ispirazione King Diamond – solo per fare un paragone, visto il divario a livello estensivo fra i due – di inizio carriera. I limiti del cantante vengono a palesarsi ulteriormente nella successiva Exodus To Hell poi è la volta delle tre bonus track – tratte dall’Ep Metal Strike -, ovvero pezzi votati all’epica spicciola anche se denotano le stigmate di un gruppo fortemente motivato. HM Night possiede lontanissimamente qualcosa degli Heavy Load, oscuri campioni svedesi dell’heavy metal eroico.
Negli ultimi lustri sinceramente non ricordo di aver ascoltato un album che in tutto e per tutto pare essere stato catapultato al di fuori di uno scrigno rimato chiuso per decenni in una soffitta dei primi anni Ottanta. Gli Helvetets Port ci credono così tanto che suonano naturali, spontanei, riuscendo a stupire per la loro cristallina dedizione.
Exodus To Hell è un disco fuori dal tempo si, ma concepito dal profondo del cuore tanto che non può non mancare all’interno della discoteca degli ancora molti nostalgici dell’epoca d’oro dell’heavy metal. Copertina d’altri tempi, sbavature in fase di produzione, suono tiepido figlio di una produzione davvero minimale, songwriting talvolta acerbo, insomma tutto in linea con un prodotto che va fiero di essere demodé, ma non per convenienza, bensì per una brutta bestia che si chiama fedeltà e convinzione nei confronti di un genere immortale.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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Tracklist:
01. The Shogun
02. Killers In The Sand
03. Dying Victim Of The City
04. Helvetets Port
05. Diamond Claw
06. Fly By Night
07. Killed By A Reaper
08. Huvudlös Gestalt
09. Djävulens Triangel
10. Exodus To Hell
11. Swing the Studded Mace
12. Heavy Metal Night
13. Hårdrockens Förkämpe
Line-up:
Witchfinder – Vocals, Guitar
O. Thunder – Drums
Inquisitor – Bass
K. Lighning – Guitar