Recensione: Experiment of Existence
Il 2016 è appena iniziato e, per fortuna, oltre alla sfilza di decessi che purtroppo continua tuttora a portarsi appresso (va bene il ricambio generazionale, ma così si esagera….), ogni tanto ci regala anche qualche buona speranza per il famoso ‘ricambio generazionale’ appunto.
Il metal è un genere musicale che, ammettiamolo, vive del proprio passato: è una catena senza fine, che sebbene si evolverà comunque in un certo modo alla fine manterrà sempre una certa attitudine di fondo, necessaria appunto per saldare la fiamma del legame col proprio passato.
Forse a volte siamo restii nell’ammettere che per evoluzione, non necessariamente debba sempre intendersi qualcosa di forzatamente originale (concetto già espresso in altre mie recensioni) quanto piuttosto qualcosa che sia valido, sentito, ed è questo di cui non solo il metal, ma tutta la musica, ha bisogno.
Diciamoci la verità….tutto è stato già inventato o almeno le strade nuove da tentare sono poche, il sentiero verso di esse è talmente offuscato sia dal bombardamento eccessivo odierno di proposte mediocri, senza senso né passione, sia dall’ingombrante peso del passato che travolge spesso addirittura il nuovo. Ma le vie di mezzo a volte sono le migliori: vale a dire qualcosa di nuovo e valido seppur ispirato esplicitamente al passato che, come un macigno, impone la sua portata sulle nostre esistenze: in fondo è stato proprio quel passato ad aver forgiato l’attitudine che oggi tanto apprezziamo, necessaria per suonare il nostro genere preferito.
Ancor meglio, se poi cotanta attitudine si riversa in qualcosa di mostruosamente eccezionale come il disco oggetto di questa recensione: parliamoci chiaro, “Experiment of Existence” non rivoluzionerà assolutamente meno di nulla, ma fa parte di quei rari casi in cui l’attitudine di un ensemble può fare in modo che si rilasci una sincerità di fondo che traspare ogni secondo creato, sotto l’effige delle sette note in chiave di musica dura.
E’ un qualcosa che solo chi sente davvero ‘dentro’ questa musica può capire, ma che alla portata di lavori come questo, tutto credo sia più tangibile anche al cospetto dell’animo più duro e difficile da conquistare: i Ripper, formazione sudamericana (cilena) dedita al death/thrash più old-school che ci sia, rispolverano quel sound tipico dei tempi che furono mettendoci unicamente la loro firma….e dite se è poco: le composizioni che, susseguendosi una dietro l’altra completano l’album, sono assolutamente sublimi, nulla sembra mai lasciato al caso e la produzione, sebbene chiaramente ispirata a formazioni storiche del calibro di Possessed oppure primi Sepultura o Sarcofago, sembra un perfetto esempio di come guardare al futuro pur restando con la mente a qualcosa che oggi non c’è più ma che vorresti far rivivere tramite il tuo tocco personale.
E badate che “Experiment of Existence”, sebbene il richiamo ai nomi sopra citati possa lasciar intendere (male) un certo rumorismo di fondo, è un platter che tutto rappresenta fuorché mera cacofonia: tutt’altro, spesso le linee di chitarra fondono assoli estremi ma sublimi, riff pesanti ma con un perché alla base, mentre le liriche strizzano l’occhio al cosmo, al rapporto che la razza umana che ha con esso, dei miserabili fallimenti che finora hanno marchiato noi essere umani.
….persino il songwriting sembra uscito da un qualsiasi album dei tempi che furono, il sound delle chitarre (merito della produzione appunto) è volutamente retrò ma con gusto, mentre il classico suono di basso sferragliante di un tempo tesse armonie complesse come se il 1990 (e dintorni, più o meno) non fosse mai finito.
Un ulteriore punto a favore di questo capolavoro del metal odierno è dato dal fatto non trascurabile per cui seppur l’aura della vecchia scuola aleggi in maniera estrema sull’operato strumentistico dei Nostri, non diresti mai di avere a che fare con una misera operazione di revival, ma si nota subito che c’è qualcosa di più, un’energia che conosci, non sai come definire, ma che potresti chiamare come desideri, da ‘attitudine’ a ‘spontaneità’, o forse tutto questo e molto altro.
Un’opera che personalmente reputo semplicemente perfetta, e che nonostante brani lunghi e spesso articolati riesce nell’intento di ipnotizzare corpo ed anima fino al suo ultimo respiro….pertanto è cosa certa che, appena conclusa l’esperienza, non vedremo l’ora di ripeterla, ricreando assieme a questo magma vecchia scuola un nuovo ‘Esperimento di Esistenza’ all’infinito.
Candidato per ora al titolo di miglior album estremo old-school del 2016, vi sembra poco?