Recensione: Extended Mental Dimensions
Credevate che l’ondata di melodic death bands dalla Svezia fosse finita, e
continuasse solo qualche fermento di “imitatori” in altre aree
d’Europa? Credevate male: i Within Y sono qui a dimostrare che certe
tradizioni sono dure a morire.
Non che senta particolarmente la necessità di augurare la sparizione di uno
stile musicale che al metal estremo ha effettivamente dato tanto, ma per conto
mio non riesco proprio a sopportare granchè quella lista più o meno infinita
di bands che si viene a creare dietro agli iniziatori di un genere… e che
sembra essere una costante di tutte le nuove idee del metal. Anche sul death
scandinavo, quello più melodico inventato e plasmato negli anni dai vari At
The Gates, Dark Tranquillity, In Flames e altri, si è venuta
a creare col tempo un’ondata di gruppi che però non aggiungono molto a quanto
già detto, limitandosi a fare bene o meno bene il loro compito a casa, magari
affidandosi alla propria provenienza geografica per un contratto; ora,
utilizzare termini così drastici coi Within Y sarebbe forse un po’
eccessivo, ma ciò non toglie che il senso di una release del genere, nel 2004,
mi sfugga per un buon 90%.
Se la band svedese riesce infatti a soddisfare le aspettative dei nostalgici
di batteria à la “Slaughter of The Soul” e riffs che
estremizzano come sempre la coppia Murray/Smith, non può d’altra parte
convincere chi queste cose magari le sente da anni, e fatte meglio, da nomi che
ora sono passati decisamente oltre. In pezzi tutti molto simili, come Lost
in Solitude, Remains of a shattered illusion o Injection
non c’è anima, ma solo precisione stilistica e pulizia di suono; non abbiamo
degli Hatesphere, dichiaratamente derivativi ma anche dannatamente coinvolti e
convolgenti: solo una band standard, con pezzi standard ed un longevità
nell’ascoltatore prossima allo zero. Sussulti notevoli non mancano, capiamoci:
la quarta Things è davvero riuscita, col suo mischiare atmosfere
lugubri e melodie (l’avreste detto?) finalmente ispirate; ma forse sono proprio
episodi come questo a far notare ancora di più la piattezza del resto.
A restarci in mano alla fine dell’ascolto sono, in fin dei conti, il bell’artwork
di Niklas Sundin (non è scontato, dato che ultimamente come grafico sta
perdendo un po’ di colpi), una produzione cristallina, forse troppo, e qualche
riff sparso: niente che possa indurmi a consigliarvi l’acquisto di un’opera
tutt’altro che fondamentale. Sufficienti, ma non basta.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
– Lost In Solitude
– God In Silence
– Remains Of A Shattered Illusion
– Things
– Injection
– Face Down
– Behold
– Silently Leaving
– Feeble And Weak
– Sacred Lies