Recensione: Eye
Immagine di copertina indicativa e rivelatrice.
Nati nel corso del 2008 nella primitiva veste di cover band, i nostrani Ashes Of Chaos mostrano sin dal primo sguardo un taglio artistico che non lascia molte incertezze su quella che si rivela essere la strada intrapresa in termini musicali.
Una profondità cosmica sulla quale si stagliano un volto stilizzato dall’iconografia enigmatica ed una base brulla e desolata, che sa tanto di pianeta devastato ai confini dell’universo.
Indizi significativi ed eloquenti, capaci di lasciar intendere qualche traccia concettuale ma, soprattutto, determinanti nel definire l’anima stilistica di un album d’esordio che non poteva essere altro che un concept incentrato sui suoni multiformi e cangianti del prog metal.
Invero complessa e tutt’altro che rilassata la base sulla quale il percorso musicale intessuto dal quintetto riminese si dipana, intreccio di tematiche dai tratti apocalittici entro le quali reperire una buona tendenza all’introspezione, mista a frammenti d’immancabile disagio e critica delle debolezze umane.
Ambientata sullo sfondo di una società decadente e sull’orlo del collasso, in un pianeta terra minacciato dalla collisione con un gigantesco meteorite proveniente dagli spazi siderali, la vicenda descrive il cammino di un ipotetico protagonista alle prese con le laceranti incertezze provocate da una situazione al limite della follia, raccontandone il tentativo di sopravvivenza, la costante lotta con la pazzia mentale data dal rifiuto della realtà, ed il dualismo conflittuale generatosi tra il bisogno di certezze “umane” e l’insensatezza di un qualcosa privo di spiegazioni.
Impegnativa, difficile ed irta di pericoli, non solo quindi, l’esistenza del soggetto principale dell’azione. La scelta stessa di incentrare il proprio album di debutto assoluto su argomenti tanto densi di significati quanto perigliosi – qualora trattati con esiziale superficialità – mostra lampante l’aspetto che più ci è piaciuto nel conoscere per la prima volta gli Ashes Of Chaos.
L’ambizione e la voglia di osare.
In effetti, il rischio di banalizzare, lanciandosi in improbabili pistolotti contro una società insensibile ed anestetizzata, conscia esclusivamente del proprio gretto materialismo, è un rischio comune pressoché a tutte le storie di similare fattura.
Per fortuna tuttavia, il gruppo tricolore sembra volerne rifuggire almeno in parte i temi portanti – scontati e risaputi – per focalizzare meglio l’attenzione sulla psicologia del personaggio al centro della trama, ponendo in risalto le varie e diversificate sfumature che, via via con il prosieguo della storia, ne caratterizzano gli atteggiamenti.
Dalla sfrontata spietatezza alla paura, dalla rabbia folle alla devastazione morale, dalla totale atarassia dei sensi alla rinascita della speranza.
Il meccanismo sonoro utilizzato, come ovvio, varia a seconda degli stati d’animo descritti, concentrandosi su di un approccio progressive dal taglio per lo più lineare e “metallizzato” (parliamo tranquillamente di prog metal), in cui riconoscere una comunque più che buona dimestichezza con strutture intricate e cariche di sfumature.
Non mancano insomma, i dettagli tipici del prog: cambi di tempo e di umore – non numerosissimi ma ben definiti – tastiere in grande rilievo (buono il lavoro di Giorgio Gori), ritmiche spezzate ed atmosfere pregne di emotività.
Ci sono, come preventivabile, pure elementi perfettibili: aspetti, in un disco di esordio, semplicemente “fisiologici”. Qualche momento un po’ prolisso e dispersivo, alcuni passaggi che paiono slegati o ridondanti, un paio di situazioni – concentrate principalmente nelle parti centrali del disco – in cui l’impeto narrativo pare scivolare in secondo piano a vantaggio di strofe che si prolungano forse in modo eccessivo, facendo così scemare un po’ l’attenzione.
Peccati veniali a dire il vero, soprattutto se raffrontati al lavoro svolto da Mike Crivella (ottimo con la sua sei corde) e Alexios Ciancio, bravo vocalist alle prese con un compito a dir poco complicato come quello di interpretare in maniera credibile le progressioni mentali del protagonista.
Ci provano e spesso riescono a cogliere nel segno gli Ashes Of Chaos. Le influenze di Pain Of Salvation, Symphony X, Fates Warning, Mastodon e Dream Theater sono decisamente bene auguranti: in effetti, tracce quali “Novilunio”, “Awake” e “Parallels” (prog metal allo stato cristallino, con titoli quasi profetici nel ricordare grandi album di muse ispiratrici), descrivono con precisione lo status di un gruppo esordiente ma di certo non sprovveduto.
Notevole infine l’episodio conclusivo intitolato “Rinascita”, pezzo in lingua madre che odora di omaggio ai grandi gruppi prog italiani del passato.
Avremmo preferito una produzione più robusta e profonda per un album di buona fattura come “Eye”, biglietto da visita di una band interessante e dalle prepotenti prospettive future.
La voglia di osare, l’ambizione ed il desiderio di acquisire personalità in termini sia musicali che di “concetto”, sono caratteri pregevoli che delineano il discrimine tra chi ha possibilità di emergere e chi è destinato a navigare in balia della corrente.
Certi che, gli Ashes Of Chaos, in un modo o nell’altro, sapranno dimostrare di appartenere alla prima delle due categorie.
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