Recensione: Eye of the Storm
A quattro anni di distanza da Roll the Bone, torna sul mercato la principale filiazione della Premiata Ditta Fratelli Ancillotti&Co. : Bud Tribe. Nel frattempo, un nuovo virgulto, peraltro molto promettente, ha dato segnale di sé, gli Ancillotti, ensemble formato da Daniele, Bid, Brian con Ciano Toscani alla chitarra. E’ previsto entro la fine di quest’anno il debutto sotto Pure Steel Records. Tutto questo per sottolineare quanto la fucina toscana sia sempre in funzione, operando su più fronti. Tornando alla Bud Tribe, oggetto della recensione, Eye of the Storm è il terzo capitolo di una pregevole carriera e vede la luce per la Jolly Roger Records, etichetta sempre in prima linea nel supportare il prodotto interno.
Straconsolidata la line-up: alla voce Daniele Ancillotti detto Bud, pilastro dell’acciaio tricolore già nella leggenda grazie alle gesta legate alla Strana Officina, batteria e chitarra ad appannaggio di altri due storici protagonisti della scena come Dario Caroli e Leo Milani, detto Bomber, entrambi marchiati a fuoco dai Sabotage. Last but not Least, al basso, un altro dannato dell’HM come Bid Ancillotti, fratello di Bud e da sempre colonna vertebrale della Bud Tribe. In qualità di ospite alle tastiere, Oleg Smirnoff, vecchia conoscenza già al servizio di Death SS ed Eldtrich.
Ottimamente registrato presso lo Studio 21 (Cappanera, Strana Officina), Eye of the Storm a livello di messaggio si avventura attraverso il cammino che da sempre lega l’uomo e la natura, come ben evidenziato dalla copertina, ove le piume indiane forniscono la prospettiva principale dalla quale sono sgorgati i testi della maggior parte delle canzoni.
Apertura all’insegna del metallo duro, puro e veloce con la title track: qualsiasi ascoltatore in possesso del minimo sindacale di cultura musicale riuscirebbe a “tirar fuori dal mazzo” gli autori, l’inconfondibile voce di Bud Ancillotti si riconoscerebbe in mezzo a mille altre, il mood della Bud Tribe pure, dopo tre onorevoli lustri di milizia. La Tribù dimostra di rimanere in linea con la Fede ma anche di saper dare impennate degne dell’anno in corso, il 2013, in Mr. Chyper pesca a piene mani nel repertorio ultimo dei Maestri e Signori di Birmingham imbastardendo la proposta con cori “secchi” che si rifanno alla scuola italiana, Extrema docet.
Hadbanging furioso durante i quattro minuti e rotti di Dragon’s Lady con parziale eccezione nel momento riguardante il pregevole assolo di Milani, killerwatt della vecchia guardia di assoluto valore. Fool no More: Bud Tribe e Saxon che vanno a braccetto sulle maestose vie del Metallo, assicurando godimento senza età e senza tempo, punto!
Dead Man Walking si apre a la Ozzy anni Ottanta, per poi prendere in prestito le asce teutoniche degli Accept, confezionando un ulteriore archetipo di brano HM diretto, melodico quanto serve e quanto basta. In un solo aggettivo: iper-tradizionalista.
La strumentale Prelude è figlia di anni di lotta di classe e cantautorato con i controcolleoni. Camelot, vecchio cavallo di battaglia, se non fosse per gli incitamenti da stadio, parrebbe un estratto del primo album della band, sullo stile della bellissima Black Widow, tanto per capirci, arricchito da fortissimi influssi di marca Cappanera, inteso come combo autore di due album. Officina nel cuore!
La traccia Voices in the Night è l’obbligatorio momento lento del disco, d’altronde sarebbe orribile sacrilegio non poter godere di un pezzo dolce da parte dei mastri toscani. Struggente e ben bilanciato, as ever, nulla da aggiungere, anche se i livelli di In Remembrance si pongono su di un altro pianeta.
Metal Show: echi dei vecchi W.A.S.P. nel riff iniziale poi una “piena” di Strana Officina d’antan, a dettare le regole di un heavy’n’roll da manuale, con la seconda parte all’insegna della velocità made in Italy Docg, ovviamente cantato nell’idioma tricolore.
La Luna è già… costituisce semplicemente un affresco musicale che solo noi neolatini riusciamo a pensare, scrivere, comporre ma soprattutto interpretare. Ad arricchire il tutto la lingua italiana, tanto fuori posto in talune situazioni siderurgiche quanto ficcante come in questo caso, nonché l’ugola di Daniele, figlia di anni di prove a suon di blues e rock’n’roll e infiniti viaggi in onore di un sogno sul treno Livorno-Empoli. Marcellino Masi, chitarrista della Strana Officina, purtroppo mancato nel 2002, al quale è dedicato il pezzo, ne sarà certamente onorato, da lassù.
Eye of the Storm costituisce la classica prova del “9”, ampiamente verificata, relativa al terzo album di una band, ove dimostra se ci si fa o ci si è. Se mai ci fosse stato bisogno di una conferma da parte del combo toscano, il disco è lì da sentire (è prevista anche la versione in vinile), con una resa alle casse metallicamente imperiale. Buon godimento a tutti.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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Tracklist:
01. Eye of the Storm
02. Mr. Cypher
03. Dragon’s Lady
04. Fool no More
05. Dead Men Walking
06. Prelude
07. Camelot
08. Voices (In the Night)
09. Metal Show
10. La Luna è già…
Line-up:
Daniele “Bud” Ancillotti – Voce
Leo “Bomber” Milani -Chitarra
Sandro “Bid” Ancillotti – Basso
Dario Caroli – Batteria