Recensione: Eyes Unfolded
Nati nel 2004 con il nome Thamuz, i futuri Terhen registrano 4 tracce di un pesante black-death nel maggio dello stesso anno. In seguito gli viene proposto di realizzare un videoclip per uno spettacolo a Beijing e, per quanto originale come sistema di promozione, la band accetta. Nell’ottobre del 2005 il gruppo realizza il proprio primo demo ufficiale intitolato “Self Crucifixion MMV” che contiene anche 3 brani presenti in questo loro cd d’esordio. L’anno successivo, il 2006, vede il complesso cambiare nome nell’attuale Terhen e firmare per la Firebox Records e cominciare a lavorare a questo “Eyes Unfolded” che ci apprestiamo a recensire.
Partiti, come si diceva, da un pesante black-death dagli stilemi classici e con poca personalità, la band si è evoluta ed è giunta, per il proprio esordio, a confezionare un disco piuttosto interessante dalle molteplici influenze, in particolare dal doom.
Una base black-death è sicuramente rimasta e fa capolino più volte lungo queste 5 tracce, ma non è sicuramente più un elemento preponderante all’interno del songwriting. I Terhen sembran fare molta più attenzione ora alle atmosfere e lasciano ampi spazi agli strumenti per tessere lunghe linee melodiche che pescano dal black, dal death tecnico, dal doom e saltuariamente dal gothic. Ampio spazio quindi agli strumenti come chitarra, basso, batteria, ma anche a sintetizzatore e violino, suonati da una ispirata Marianne Mieskolainen. Proprio a quest’ultima è dimandato il compito di realizzare le parti più ambient e atmosferiche dell’album. La voce è spesso secondaria in queste composizioni, anche se sia quella maschile in growl di Jyri Pylvanainen che soprattutto quella femminile pulita di Elisa Pellinen, fanno un lavoro più che discreto.
La sensazione generale è che i Terhen, pur cercando di differenziarsi grazie alla maggiore influenza doom e ai lunghi passaggi d’atmosfera realizzati anche grazie a svariati suoni campionati, si ispirino molto agli Opeth. Molti momenti del disco e alcuni riff ricordano infatti il sound della band capitanata da Akerfeld, ma senza raggiungerne le stesse vette compositive e qualitative. Chitarre, basso e batteria non han infatti la stessa vena d’inventiva e anzi tendono a risultare alla lunga leggermente ripetitivi.
Nulla da segnalare invece per quanto riguarda la produzione che esegue un lavoro pulito, senza sbavature, che non presenta ne errori macroscopici ne picchi di genialità, e risulta quindi ininfluente nella valutazione globale dell’album.
Per concludere i Terhen realizzano un disco d’esordio di un certo interesse. Le aspirazioni della band sono visibilmente tante e per questo forse in questo primo cd han osato un po’ troppo, ma la sensazione è che con una maggiore maturità e soprattutto tanta gavetta, potranno puntare a migliorare molto la propria proposta.
Tracklist:
01 Influences
02 Six Months
03 Last Moments
04 What Truly Is Real
05 Wandering
Alex “Engash-Krul” Calvi