Recensione: Ezo

Di Francesco D'Occhio - 22 Aprile 2007 - 0:00
Ezo
Band: Ezo
Etichetta:
Genere:
Anno: 1987
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
84

Non sono molte a dire il vero le band provenienti dal sol levante che negli anni 80 potevano vantarsi di avere un pò di notorietà al di fuori dei confini nazionali. Oltre ai grandi Loudness, nel 1987 faceva capolino sul mercato americano il primo disco dei seminali Ezo (monicker ispirato all’antico nome di Hokkaido, l’isola giapponese da cui provenivano), gruppo ingiustamente dimenticato ma da molti considerato di culto.

Dopo due dischi sotto il monicker Flatbacker, i nostri decidono di farsi conoscere anche all’estero, buttandosi alla conquista degli Usa.
Durante una loro visita a New York nel 1986, conoscono Gene Simmons il quale, dopo averli sentiti suonare, decide subito di produrre il loro debutto omonimo insieme a Val-Garay, noto producer dell’epoca.
Il disco uscirà sotto Geffen nel gennaio 1987: il classico disco bomba.

L’heavy-speed degli esordi, si è tramutato in un compatto e originale hard ‘n’ heavy di stampo americano, dalle atmosfere fosche, oscure e dannatamente personali (ovviamente per l’epoca), che può far pensare a dei novelli Kiss più potenti ed heavy.
Per tutta la durata del disco non si ravvisano cali di tono, confermando una qualità molto alta in tutti i brani presenti in scaletta.

E’ “House of 1000 pleasure” ad aprire le danze: la canzone è la riproposizione di una loro vecchia song contenuta in Sensou, qui rallentata e meno grezza; cambiamenti dettati forse dalla partecipazione alla co-scrittura del brano di Jaime St James cantante della glam rock band Black ‘n Blue.
Si tratta comunque di un mid-tempo corrosivo e da head-banging: si apprezzano subito la più che buona pronuncia dell’inglese del singer Masaki Yamada, la sua grande espressività sui toni medio-bassi e un ottimo lavoro alla chitarra di Shoyo Iida.
La seguente “Flashback Heart Attack” è dannatamente groovy nel suo essere anthemica: un bel basso ronzante che detta il ritmo e un ritornello da favola che si stampa al primo ascolto.
Gran lavoro alle chitarra sia in fase ritmica che solistica; si nota in pezzi come questo un gran lavoro agli arrangiamenti, aspetto questo che fa pensare al buon Gene Simmons quale ottimo consigliere in sede di produzione.
“Mr Midnight” è molto accattivante, le linee vocali di Yamada sono piene di rabbia, buono l’assolo con un ritornello ripetuto parecchie volte che trascina la canzone sino alla fine.
“Here It Comes”, pezzo che si basa sullo stesso riff portante per tutta la durata del brano, piuttosto oscuro, è invece il classico brano alla AC/DC: gran ritornello, molto azzecate sia le linee vocali che gli interventi di chitarra. Si rivelerà molto adatta a scaldare i concerti.
“I Walk Alone” è forse la traccia migliore dell’album, piuttosto sincopata, si basa su ottimi intrecci di batteria e chitarra che dettano il tempo; Yamada è di nuovo artefice di grandi linee vocali che esplodono in un gran ritornello, triste e malinconico.
La cosa che salta notevolmente all’orecchio, è la grande versatilità dell’operato del singer, che passa con estrema facilità dal graffiato a tonalità più pulite trasmettendo grande pathos, cosa non affatto facile.
Il riff che apre “Destroyer” non può non ricordare all’orecchio attento una certa “Dr. Feelgood” che uscirà due anni dopo: i pezzi comunque si sviluppano in modo completamente diverso, Shoyo è autore di assoli decisamente ispirati, mentre Yamada, qui particolarmente aggressivo, trascina il brano, rendendolo uno dei più oscuri del disco.
La seguente “Big Changes” è un altra traccia assolutamente da 90, piuttosto atmosferica e crepuscolare, ricorda nel ritornello i migliori Dokken: Shoyo dimostra qui di essere un chitarrista particolarmente ispirato e versatile, soprattutto nell’azzeccato arpeggio a metà canzone, seguito da alcuni assoli veramente di buona fattura.
“Kiss of fire” potrebbe tranquillamente ricordare i Guns di ”Appetite For Destruction”: Yamada è autore di linee vocali soavi e evocative in un pezzo tra i più diretti del disco. Il ritornello poi, è di quelli “scala classifiche”, molto melodico e “losangelino”.
La conclusiva “Desiree” è infine l’episodio più tirato del platter, ed il più riconducibile all’heavy grezzo dei due dischi precedenti: Homma detta alla grande i tempi, Yamada su registri di nuovo aggressivi (ritornello urlato), mentre Shoya alle chitarre piazza probabilmente i migliori assoli del disco, chiuso così in modo davvero ottimo.

L’album raggiunse solamente la 150esima posizione di Billboard, troppo poco per una major come la Geffen: una delusione visto la validità del prodotto ed un peccato, dato che influenzerà decisamente il futuro scioglimento della band.

In conclusione non è possibile esimersi dal consigliare agli amanti delle sonorità più classiche questo gioiellino, debitore si di band come Dokken, Scorpions e Kiss, ma suonato con grande personalità e perfettamente riconoscibile, in grado soprattutto di resistere ottimamente alla prova del tempo e degli ascolti.
Fosse uscito per una band di rango ora sarebbe un classico.

Da riscoprire.

Tracklist:

01. House Of 1,000 Pleasures (05.12)
02. Flashback Heart Attack (04.09)
03. Here It Come (04.23)
04. I Walk Alone (03.37)
05. Destroyer (04.29)
06. Big Changes (03.54)
07. Kiss Of Fire (03.27)
08. Desiree (03.32)

Line Up:

Asaki Yamada – Voce
Shoyo Iida – Chitarra
Taro Takahashi – Basso
Hirotsugu “Hiro” Homma – Batteria

Discografia come Flatbacker:

– Flatbacker Live – 1985
– Sensou / Accident – 1985
– ESA – 1986

Discografia come EZO:

– EZO – 1987
– Fire Fire – 1989

Ultimi album di Ezo

Ezo Ezo
Ezo
Band: Ezo
Genere:
Anno: 1987
84