Recensione: Face Of Despair
Correva l’anno 1989 quando uscì Face of Despair, degno successore di Mayhemic Destruction, primo full-length degli australiani datato 1987.
Ora come ieri, nulla è cambiato, si finisce sempre a parlare di un disco dei tanti, il solito predicatore Bay Area che spadroneggia, chi copia quello chi quell’altro e via dicendo. Proveremo invece a cogliere da un platter validissimo il suo maggior punto di forza, cercando infine di collocare l’opera in un periodo così florido della scena.
Come tutti sappiamo il finire degli Eighties (specificatamente proprio intorno gli anni 89/90) è stato un periodo importante per il thrash perché coincidente con il passaggio dagli eccellenti classici che hanno segnato la storia di questo genere alle proposte che iniziavano a prendere una forma notevolmente più introspettiva e tecnica, ma forse meno diretta. Ci si imbatteva cioè nei vari tecnicismi di bands come Confessor o Watchtower piuttosto che nei nuovi vagiti post-thrash che da lì a poco avrebbero messo fine al Bay Area sound.
C’era d’altronde pure chi per un motivo o per un altro era ancora saldamente legato alle memorie di un genere che intorno al 1986 toccò l’apice della qualità e nel perseguire questo modus operandi correva il rischio d’essere etichettato di mediocrità oppure di passare inevitabilmente alla storia come maestro di questo genere. I Mortal Sin sono andati davvero molto vicini a guadagnarsi questa cattedra.
La matrice compositiva è di puro stampo thrash Bay Area. Le ritmiche sono ben assortite e mettono in evidenza sia tiri di doppia ben integrati alle parti di basso che approcci a riffing appesantiti, il tutto a donare esplosività alle canzoni. Il cantato ricerca la melodia senza mai abbandonare un retrogusto di rabbia che lo accompagna dall’inizio alla fine. Le parti soliste, mai ripetitive nell’esecuzione, sono distintamente veloci e di lineare esecuzione e costituiscono un punto forte del lavoro.
Come detto, il combo sintetizza gli stilemi fondamentali delle più importanti e potenti uscite americane e con questi alimenta il suo sound, riuscendo a donare allo stesso una spiccata particolarità. Particolarità che si concretizza nell’addolcimento dei tratti fondamentali del thrash Bay Area: ogni angolo delle canzoni viene smussato a favore di una distribuita melodicità che invade le battute ed i refrain.
Due intramontabili capolavori come I Am Immortal e Voyage of the Disturbed trovano consacrazione nel fulcro che equilibra costantemente melodia e potenza. L’introspettività armonizzata di Martyrs of Eternity converge sia in caratteristici comparti chorus, ma anche in altrettanti particolari strutture che non abusano di accelerazioni per investire l’ascoltatore. Proposte più mosh-oriented come The Infantry Corps, H o Suspended Animation arricchiscono infine la tracklist e donano al prodotto maggiore variabilità e godibilità.
Considerata la realtà del tempo possiamo affermare che Face of Despair si configura strutturalmente come un calco del più classico thrash Bay Area. La particolarità dell’album, che permette allo stesso di ritagliarsi uno spicchio di storia, sta nella volutamente marcata scelta di rendere riconoscibile ogni pezzo attraverso ben dosate iniezioni di melodica potenza. Questo non facilissimo atteggiamento compositivo trova inoltre nell’espressività canora di Mat Maurer un’ulteriore spinta a proiettare il lavoro verso un’identità discretamente definibile.
Un disco adatto per coloro che ricercano un songwriting ancora fumante del più classico marchio di fabbrica thrash americano. Un disco che mescola classico e timbriche di sottile melodia, trovando quindi identità propria rispetto a molte altre proposte, Metallica ed Anthrax in primis. Un disco ispirato, per certi versi semplice, ma che dimostra che ‘copiare’ non è sempre peccato.
nik76
Tracklist:
01 I am Immortal
02 Voyage of the Disturbed
03 The Infantry Corps
04 For Richer For Poorer
05 Martyrs of Eternity
06 Innocent Torture
07 Suspended Animation
08 H
09 Terminal Reward
10 Robbie Soles