Recensione: Face The World

Di Luca Palmieri - 26 Febbraio 2008 - 0:00
Face The World
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Anno: 2008
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Il nome di questi ragazzi di Alghero mi era giunto all’orecchio per il loro singolo, dove era contenuta una cover degli Europe, che inaspettatamente non era la stra-abusata “The final countdown”, bensì “Hero”.

A poca distanza dal singolo, in uscita solo su digital shops l’album “Face the world“. Dopo la consueta intro, ecco venir fuori dalle cuffie un riff decisamente catchy, e la mano va decisa sul regolatore del volume, spingendolo verso l’alto. La produzione non propriamente professionale rende il tutto meno attraente, ma nonostante ciò, la opener “The force of the life” è decisamente promossa. Segue “Rising“, e le coordinate sembrano ormai segnate: power melodico con ritmiche azzeccate e ben suonate. Già pregusto la title-track: se queste erano le premesse, mi aspetto un gran pezzo. E invece… Chorus orrendamente pacchiano ad aprire un pezzo che a stento riesco a inquadrare in un’ottica metal invece che punk, e nemmeno quello di vecchia scuola, ma quello melodico di oggigiorno che imperversa per sigle di programmi TV e film di serie B. Qualcuno ha detto Finley? Purtroppo sì, avete detto bene, Finley, sia nelle ritmiche che nelle armonizzazioni vocali. A difendere il vessillo ci pensano frequenti rullate di doppia cassa, ma che faticano non poco a tenere redini di voce e sound di chitarre troppo, ma davvero troppo lontane. “Thousand miles away“, e spero che il titolo davvero riporti la barca lontano dalle rive appena toccate; una ballad che mi fa tirare un sospiro di sollievo (e riportare il volume a livelli bassi), più per lo scampato pericolo che per il reale valore del brano stesso. Arriviamo dunque al singolo “If you want to fly“, hard rock allegrotto, gradevole e che scorre via con facilità. “The end of this war” inizia misteriosamente con un riff quasi thrash, seguito da un assolo veloce ed evocativo. Cosa sta succedendo? Ah ecco, stop e ripartenza in acustico. Fortunatamente il pezzo riprende secondo il timing dell’apertura, cosa che fa scivolare via i restanti tre minuti. “The evil inside” è la traccia più lunga del disco, quasi nove minuti di melodie discretamente azzeccate, dove però bisogna sottolineare l’inspiegabile cambio di mastering della voce (in peggio) e degli assoli assolutamente non pertinenti al sound del pezzo. Chiude il platter l’acustica “My destiny“.

Che dire, è sempre un dispiacere dare una bocciatura ad una band emergente. Ma partiamo dalla produzione: volumi sbalzanti, sound delle chitarre troppo leggero e totalmente fuori luogo negli assoli, il basso… Il basso dov’è? Poi andiamo alla voce, per la verità un punto di forza della band, pulita e ben presente, ma linee vocali davvero troppo allegre e semplici; la batteria sembra in alcuni passaggi campionata, e il suono dei piatti è registrato in modo pessimo.

Chiariamoci, non è una bocciatura in tronco. I primi due brani, sebbene non brillino di originalità, sono convincenti, insieme a “The end of this war” e a qualche passaggio di “The evil inside“. Ma è poco, davvero troppo poco. Un bel pò di impegno e tanto lavoro non possono che far bene a questi giovanotti.

Tracklist:
1. Reflections  
2. The Force of the Life  
3. Rising  
4. Face the World  (mp3)
5. Thousands Miles Away (mp3)
6. If You Want to Fly  
7. The End of This War  
8. The Evil Inside (mp3)
9. My Destiny (Bonus Track)

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