Recensione: Facing The Ruin
Nuovo album per i tedeschi Out Of Order, che giungono quest’anno al ventottesimo anno di attività, con tre Full Length nel proprio carniere.
Formazione che si è modificata nel tempo, anche sostanzialmente, considerando che dal 1991, anno d’esordio, solo il vocalist Thorsten Braun ed il chitarrista Thomas Bauer sono ancora presenti, e dedita ad un Heavy Metal carico di melodia, con tratti granitici, lampi Thrash e momenti epici.
Il loro nuovo album s’intitola ‘Facing The Ruin’ ed è disponibile dal 14 giugno 2019 attraverso la label Black Sunset. Non arrivando ad essere un vero e proprio concept è comunque monotematico, essendo ogni singola traccia una piena e giusta opposizione alla guerra.
Il quartetto ha cercato di curare molto il lavoro, affidando a Ralf Scheepers (Primal Fear) la produzione delle parti vocali ed a Markus Ullrich (Lanfear e Septangon) quella delle chitarre, mentre del mixaggio finale è stato incaricato Dirk Burke al Lakeside Studios di Berlino.
Questo sforzo però, per quanto apprezzabile, non è bastato: l’album rimane fermo ai blocchi di partenza, non decolla, quasi tutti i brani si assomigliano, sanno di già sentito ed, in alcune sezioni, sono anche male eseguiti, soprattutto per quel che concerne il cantato. Il Songwriting è superficiale, l’energia sembra quella delle pile dei coniglietti che perdono la sfida nella nota pubblicità. Insomma, non è proprio un disastro … ma poco ci manca.
Della tracklist si salvano ‘Self Deception’, che ha un buon tiro (anche se la voce del refrain ne diminuisce la qualità), ‘What For’ e ‘The Sniper’, nelle quali Thorsten Braun fa il verso a James Hetfield e la parte solista mette un po’ di emozione, ed anche ‘God Is Hungry’, dal ritmo cadenzato e disperato.
Per il resto, le idee sono poche e sconnesse. Ad esempio la maggior parte degli effetti e delle narrazioni non portano a nulla, le due frasi citate da ‘War Pigs’ dei Black Sabbath ed il coro di ‘Battle Hymn of the Republic’, inno della guerra civile americana, in ‘Guilty’ non bastano ad elevare il pezzo, a renderlo enfatico. Stessa cosa per ‘On The Rise’, che vede la breve partecipazione del pezzo da novanta Liv Kristine, soprano svedese leader dei Leaves’ Eyes ed ex Theatre of Tragedy: un’idea senz’altro buona ma male utilizzata.
Peccato, perché la passione si sente uscire dai solchi ed il combo deve aver speso parecchio in tempo, energie e, soprattutto, denaro, per dare vita a ‘Facing The Ruin’.
Il giudizio negativo si esprime proprio a malincuore. Speriamo che in futuro il quintetto riesca ad esprimere meglio le proprie idee perché, vista la costanza, un’altra occasione comunque se la merita.