Recensione: Fadista
Gli Alhambra sono un gruppo giapponese che si definisce “progressive hard rock”, per quanto la definizione non sia completamente campata in aria, meglio forse definirli “power progressive” con forti influenze anni 70, soprattutto per l’approccio alla forma canzone.
La band annovera tra le proprie fila il talentuoso Yuhki, tastierista già in forze ai Galneryus, che qui si lascia andare a divagazioni non propriamente power, decisamente più a briglia sciolta e di certo più a suo agio di quanto non mostrato in precedenza.
Dopo un primo disco già molto esclusivo, dedito al power melodico tanto in voga nel Sol Levante, gli Alhambra compiono un ulteriore passo avanti, donando alle composizioni più personalità e quel minimo di carattere che permette a questo genere di produzioni di continuare a girare nel lettore per settimane.
La ricetta musicale non è, in effetti, reperibile ovunque: power neoclassico con frequenti spruzzate di jazz, fusion e progressive di ispirazione settantiana, addirittura qualcosa di flamenco (qua e là vengono utilizzate persino le nacchere) e linee di basso – a differenza di moltissime band power – sempre in primissimo piano a dettare spesso e volentieri ritmi forsennati.
Alla voce la piccola Junko che, pur se identificabile come l’anello debole del combo, offre una prova dignitosa. I guai derivano da una interpretazione, talora, fin troppo sopra le righe: se la volonterosa singer urlasse meno, orientandosi su melodie più soffuse, potrebbe dare quel “quid” in più ad una band già tecnicamente capacissima.
Dopo la consueta intro sinfonica, si parte con la veloce “Hikari no Kumi”, pezzo speed neoclassico. Niente di particolarmente eclatante ma ritornello e bridge fanno il loro dovere, animati da una sezione ritmica pronta a sostenere ottimamente tutto il pezzo con buon dinamismo; seppur piacevole, forse il brano più debole del disco.
“Labyrinth” unisce il progressive elegante dei Symphony X alla pomposità di certi Rhapsody. Micidiali le ritmiche, adornate da duelli tastiera-chitarra eleganti e mai pacchiani.
“Utopia” è un gioiello di rara bellezza: una dolce ballad scandita inizialmente da solo piano e voce in cui Junko arriva veramente in alto. Eccellente il lavoro della chitarra di Kajihara, capace di donare al brano una vena malinconica ed allo stesso tempo maestosa.
A seguire, ecco la title track, una lunga suite di dieci minuti, in cui gli Alhambra infilano davvero di tutto: chitarre flamenco, tempi dilatati, incursioni spagnoleggianti, inserimenti di piano di stampo classico, improvvise accelerazioni power ed incursioni fusion. Significativo notare come la melodia risulti sempre gradevolissima e mai pesante, a dimostrare il grande valore artistico di una band con gli attributi.
“Estacion Abrasadora” pezzo strumentale abbastanza folle e dalle ripartenze vorticose, è una corsa che i nostri arricchiscono con parecchia personalità e talento. Non solo note sparate alla velocità della luce, ma anche la costante ricerca di spiazzare l’ascoltatore con trovate ad effetto: anche in questo caso, spazio ad una divagazione funky-jazz un po’ ardita ma decisamente piacevole, con Kajihara alle chitarre e Yuhki alle tastiere davvero irrefrenabili, intenti in funamboliche acrobazie sonore difficili da descrivere.
Il penultimo brano, altra lunga suite, è “Valkyr [Nibelung no Yubiwa]” traccia di quasi 12 minuti. In questo caso, si spinge più sull’acceleratore, con attacchi speed e momenti quasi recitativi, incentrati sulle vicende di Sigfrido e Crimilde.
L’ultimo episodio, è una ballad quasi solo voce e piano, un po’ ripetitiva nella ricerca del ritornello, pur se nobilitata da Junko, che nelle parti più melodiche mostra capacità vocali notevoli.
Nonostante piccole cadute di tono, gli Alhambra si dimostrano in conclusione, una macchina ben oliata che poggia su elementi di spicco: l’ispiratissima chitarra di Kajihara e le tastiere pazze di Yuhki, forse a volte si lasciano andare sin troppo, ma canzoni come la splendida “Utopia” e la title track, evidenziano senza possibili smentite il grande potenziale del gruppo.
Da poco ritornati in scena con il terzo album in carriera, “Solitude”, ecco insomma un nome da tenere in seria considerazione per il futuro.
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Tracklist:
01. Asanagi 01:25
02. Hikari no Umi 04:40
03. Labyrinth 06:24
04. Utopia 06:07
05. Shunrai 07:01
06. Tenshi no Sora 05:37
07. Fadista 09:05
08. Estasion’aburasadora 05:53
09. Walkure 11:28
10. Tanjou 03:53
Line Up:
Junko Sera – Voce
Toshihiro Kajihara – Chitarra
Hibiki – Basso
Tetsurou – Batteria
Yuhki – Tastiere