Recensione: Fallen Kings
Evoluzione: un termine dalle molte sfaccettature ma che si può anche descrivere in termini di mutamento, graduale e continuo, per cui una data realtà passa da uno stato all’altro attraverso una serie di cambiamenti progressivi. Ebbene, bastano pochissimi secondi a questo “Fallen Kings” per chiarire a tutti che i Wizard non hanno la minima intenzione di far proprio questo concetto. In realtà basterebbe il piglio di Sven nel primo verso della prima traccia, l’opener “Liar and Betrayer”, per rassicurare i fan del teutonico ensemble che nulla è realmente cambiato in questi undici studio-album, e che i loro eroi continuano a dispensare sfacciatamente il loro heavy metal ad altissimo tasso di testosterone, di chiara (almeno qui) impostazione manowariana, del tutto incuranti del passare del tempo e tetragoni ad ogni innovazione che sgarri anche di poco dalla loro nerboruta Trvezza. Stando alle premesse di cui sopra è piuttosto facile immaginare quali saranno gli elementi distintivi di quest’ultima fatica dei nostri amati teutoni, che senza dubbio faranno la felicità dei defenders più intransigenti e veterotestamentari tra di voi: tempi perlopiù scanditi, riff distorti e di una corposità rocciosa per mettere bene in mostra i muscoli, melodie maschie e aggressive alternate a sporadici momenti più delicati e solenni (perché anche i guerrieri del metallo hanno, sotto sotto, un cuore), cori virili e testi che inneggiano alla sacra trinità dei temi del vero metallaro: fratellanza, guerra, onore. Ebbene, se avete effettivamente immaginato tutto questo sappiate che ci avete preso in pieno. Certo, non siamo ancora a “fight, ride, steel” ma poco, veramente poco, ci manca.
A questo punto, però, sorge un dilemma: come devo valutare un lavoro di questo tipo? Perché da un punto di vista puramente musicale “Fallen Kings” sarebbe anche passabile nel suo voler essere a tutti i costi grintoso ed anthemico, e nonostante le tracce pecchino di quel livello di coinvolgimento che spesso salva album di questo tipo, bisogna ammettere che sono cariche della cafonaggine un po’ naif che mette sempre di buonumore e, soprattutto, delle bordate impattanti che i nostri conoscono a menadito; d’altro canto è innegabile che si tratti di un album scritto dalla prima all’ultima nota col pilota automatico innescato. Certo, ci si potrebbe giustificare tirando in ballo la coerenza, l’integrità, la fede o l’attaccamento ai principi duri e puri del defender e bla bla bla, tutti concetti che potrei anche accettare se solo sentissi un lavoro in cui il gruppo cerca, nonostante tutto, di proporre al pubblico qualcosa di interessante senza reiterare la stessa impalcatura musicale all’infinito, ma sforzandosi di inserire nella propria ortodossia qualche elemento diverso dal solito, magari puntando su un songwriting particolarmente incisivo o su tracce avvincenti (cosa che, giusto per fare un esempio, ai nostri riuscì con “Thor”). Invece mi trovo dinnanzi al classico lavoro di mestiere che neanche ci prova a variare di un minimo la rotta intrapresa ben DIECI album fa dal gruppo: alcune buone tracce ci sono, soprattutto nella seconda metà, ma per il resto i nostri recuperano idee dal proprio e dall’altrui passato condendole con urletti fastidiosi, cori fiacchi e banalità varie.
In ultima analisi, “Fallen Kings”, pur essendo suonato e prodotto in modo molto professionale, non mi ha per nulla convinto, rimanendo impantanato nella massa di dischi nostalgici ancorati a un passato fin troppo remoto e privo di quel guizzo che fa dire al suo fruitore “Sì, ok: è sempre la stessa minestra, PERO’…“; per questo mi sento di consigliarlo esclusivamente ai defenders più integralisti, quelli che per intenderci vivono ancora nella fase “If you’re not into metal you are not my friend”, ai fan inossidabili del gruppo o a chi vuole una musica di sottofondo senza impegno per svagarsi durante una serata di ubriachezza molesta con gli amici, per cantare a squarciagola i ritornelli e far impazzire i vicini non avvezzi al Sacro Verbo (e non negate, so che l’avete fatto almeno una volta nella vita).
Se appartenete a una delle categorie anzidette, aggiungete pure 15 punti al totale, ritirate i mutandoni di pelliccia dalla tintoria e correte a far vostro quest’album; in caso contrario statene ben alla larga.