Recensione: Fantasmagoria
Giunti ormai quasi al termine di questo 2013 tornano a scuotere il modo del metallo anche gli Epysode, ambizioso progetto musicale creato dalla mente del chitarrista belga Samuel Arkan.
Proprio come fu per l’album di debutto (intitolato “Obsessions” e pubblicato nel 2011), anche in questa seconda fatica, il chitarrista decide di avvalersi della preziosa collaborazione di importanti protagonisti della scena metal mondiale, tra cui, per citare i più noti, spiccano in particolare i nomi di Tom S Englund (Voce e chitarra – Evergrey), Mike Lepond (Basso – Symphony X), Léo Margarit (Batteria – Pain Of Salvation) e Simone Mularoni (Chitarra – DGM).
Registrato quindi da una formazione spaventosa per tecnica e versatilità, il nuovo album degli Epysode si preannuncia quanto meno interessante ed un ascolto obbligato per tutti gli appassionati del Progressive Power più elegante.
Le prime battute dell’opera sono scandite dall’atmosferica “File 4180-2”, interessante intro completamente tastieristica, che mostra subito il lato più teatrale e gotico degli Epysode, sembrando quasi scaturita dalla colonna sonora di un film di Tim Burton.
Molto buona è poi la devastante “The Arch”, opener oscura e ottimamente strutturata, imperniata su rocciosi riff chitarristici che, accompagnati da una sezione ritmica dilaniante, risultano comunque perennemente attenti a non offuscare la fondamentale componente melodica, ben espressa dall’eccelso lavoro tastieristico e dalle ottime melodie vocali proposte.
Furiosa e decadente è anche la successiva “Morning Rose”, che da copione segue fedelmente la scia della traccia apripista, conservandone tutte le qualità compositive per rimanere in perenne bilico fra progressive e power Metal, con un risultato finale davvero piacevole.
Sonorità plumbee e feroci caratterizzano anche la massiccia “Venom”, che esattamente come tracce precedenti, presenta un’ottima prova dei musicisti coinvolti, risultando meno orecchiabile ma ugualmente pregevole nel suo prosieguo. Da segnalare positivamente soprattutto per un refrain riuscito, il quale prepara l’ascoltatore ad un intermezzo sulfureo e sempre squisitamente teatrale.
L’ombra degli americani Symphony X si fa materia tangibile nelle note della gelida “The Black Parade”, episodio in grado di mantenere l’album su alti livelli qualitativi.
La diretta “T.H.O.R.N.S”, come un turbine di potenza e melodia esplode con tutta la violenza del power più drammatico, che in questo caso predomina sulle sonorità più decisamente Prog.
La breve e malinconica “Garden Of Exile”, arriva a spezzare la notevole potenza del disco, cullando il fruitore in un dolce mare di melodia ed emotività, mentre la veloce e violenta “Raven’s Curse”, torna ad affacciarsi con prepotenza su territori più classici per un combo stellare e affiatato, in grado di dare vita ad un lavoro che, a scapito delle numerose tracce proposte, risulta essere discretamente scorrevole, grazie anche ad una manciata di composizioni mai eccessivamente prolisse.
“Living Fortress”, continua in modo pregevole questa seconda opera, anticipando la Title Track, pseudo ballad strutturalmente articolata e guidata ancora una volta dalle tastiere, elemento fondamentale nel sound del gruppo, che subito dopo torna a condire brevemente il lavoro con una nuova dose di teatralità nell’atmosferica “The Inheritance”.
Il trittico conclusivo è composto dalla rasoiata di “Now And Forever”, alla quale segue la bella “Forgotten Symphony”, questa volta maggiormente melodica e sognante, mentre a concludere il platter arriva la suggestiva “Unreal”, ottimo sigillo di un album ben realizzato ed assolutamente degno di ascolto, per quanto poco o per nulla innovativo.
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