Recensione: Far Away From Here
Newcomers dal Brasile, gli Highest Dream sono band di recentissima costituzione, orbitante attorno alle figure dei due membri fondatori, il singer Riq Ferris ed il polistrumentista Leo Mendes.
Perdutamente innamorata del classico suono ottantiano che si lega in modo indissolubile ai nomi di Journey, Toto e Survivor, la coppia di artisti – attiva da pochi anni nel “giro”, ma già con agganci di buon livello – si lancia nella realizzazione di quello che, sin dal moniker prescelto, si manifesta come il grande sogno di una vita divenuto realtà.
Costruire un gruppo proprio, attraverso il quale omaggiare maestri mai dimenticati e ritagliare, se possibile, un piccolo spazio anche per se all’interno della sempre attiva e colorata scena melodica.
Se tuttavia, il proposito di mettere in pista il proprio progetto, grazie soprattutto ai buoni uffici della Escape Records, è stato brillantemente raggiunto e messo in atto mediante la release del debut “Far Away From Here”, non con il medesimo e confortante successo può dirsi invece portato a termine il secondo obiettivo nel mirino, ovvero quello di convincere la platea d’appassionati grazie ad un prodotto in grado di offrire qualcosa di davvero interessante.
Poco da fare, infatti. Le tante buone intenzioni del binomio Ferris / Mendes, cozzano decisamente contro un’arida consistenza fatta d’idee scarse e clichè che si ripetono all’infinito, in una perpetua rincorsa del modello da emulare che appesantisce una scaletta di brani graziati da suoni di buona qualità, ma quasi mai confezionati in modo da apparire più di un semplice ed asettico compito svolto con diligenza.
Tecnicamente più che validi, gli Highest Dream non mostrano purtroppo un songwriting in grado di catturare l’attenzione, lasciando in chi ascolta, sensazioni del tutto “incolori” e prive di grossi sussulti.
Alla discreta forma stilistica, non fa, in effetti, eco la capacità di coinvolgere o di innescare qualche hookline vincente in grado di rendere cori e ritornelli, se non proprio incisivi, almeno abbastanza sornioni da rendersi canticchiabili. Tracce quali “I Will Find You”, “Helpin’ Hand”, “All I Want” e “Can’t Fight Heart”, nonostante qualche spunto non da buttare, finiscono per trascinarsi stancamente in una ripetizione infinita di stereotipi stucchevoli e finanche annoianti, nella ricerca costante e spasmodica d’uniformarsi a dettami che in tal modo soffocano ogni velleità d’emergere e confinano l’album in un grigio torpore destinato a perdurare sino al suo termine.
Dati i numeri messi in mostra, non è facile, almeno per ora, preconizzare particolari successi o grandi platee per gli Highest Dream.
Derivativo senza dubbio, ma soprattutto sprovvisto di doti compositive rodate a sufficienza al fine di sopperire con armi diverse alla mancanza d’originalità, il gruppo carioca non riesce ad offrire nulla più di una serie di canzoni banali e senza nerbo, formalmente impeccabili, ma prive d’anima ed incapaci di procurare il benché minimo sussulto d’emozioni.
Sarà mancanza d’esperienza? Possibilissimo. Dal canto nostro, meglio ad ogni modo, attendere sviluppi più convincenti, concentrando l’attenzione su prodotti di qualità concretamente superiore.
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Tracklist:
01. Intro
02. Restless Dreamer
03. Can’t Fight Hearts
04. Helpin’ Hand
05. Far Away From Here
06. All I Want
07. Reach Higher
08. Love Makes You Cry
09. I Will Find You
10. Not An Angel
11. Never Be Apart
Line Up:
Riq Ferris – Voce
Leo Mendes – Tastiere / Chitarre / Batteria / Cori
Guests Musicians:
Marcelo Nami – Chitarra
Marcio Loureiro – Chitarra
John Cassio – Chitarra