Recensione: Far From The Madding Crowed
Terza fatica per la band danese e capitolo finale della “Evermore saga”, Far from the madding crowd ci regala un viaggio attraverso sonorità che variano dal prog al power (con riferimento particolare ai Blind Guardian della prima decade), con venature epic e folk dal sapore tipicamente nordico. La novità di fondo sta nell’inserimento in line-up di Patrik Johansson dietro al microfono ed alla rinnovata direzione musicale, ora un po’ meno virtuosa e più metallica. La prestazione tecnica è, come negli altri album della band, impeccabile ed il songwriting quasi esclusivamente affidato ad Erik Raven, chitarrista, bassista e mente del gruppo, non è tanto innovativo ma molto ispirato.
Ma passiamo ad analizzare il cd, composto da 11 track più una bonus. L’opener è affidata alla solita intro strumentale al nome di Gather ye wild dalle forti tinte folcloristiche che inizia con il suono di una cornamusa per poi introdurre attraverso il suono straziante di una chitarra il riff della track seguente The road goes ever on, classica cavalcata metallica a doppia cassa con intermezzi sinfonici e linee vocali molto accattivanti fin dai primi ascolti. Subito in risalto la grande performance del camaleontico cantante che varia da linee vocali dolci a strofe aggressive. Unica pecca l’eccessiva ripetitività del ritornello. Si passa quindi ad un degli episodi più riusciti del cd: Tree, che ci accompagna per 5 minuti tra cambi di ritmo, melodie semplici ma vincenti e virtuosismi di chitarra. Successivamente è il turno di Longing for the woods Part I: The wild children, che alterna momenti più riflessivi ad altri più tipicamente power, passando anche per melodie gioiose e folcloristiche. A seguire Highland winds, canzone varia e molto teatrale. Bellissima l’interpretazione del singer. Si arriva così alla seconda delle tre parti in cui è divisa Longing for the woods, The ring of fire che riprende nello stesso modo in cui iniziava la prima parte anche se al posto dell’intro abbiamo il crescere di un effetto che assomiglia all’accensione dei motori di un’astronave. Il ritornello è lo stesso della prima parte e ci accompagnerà anche nel terzo e conclusivo capitolo, la track 9 Herne’s prophecy, anche se poi le tre canzoni si snodano in maniera completamente differente fra loro, tra un’accelerazione e un ritornello festoso o un passaggio più articolato. Si arriva così alla prima ballata del disco, The Bollard, molto suggestiva e romantica nelle sue melodie di flauto e i suoi arpeggi di chitarra, mi fa riaffiorare alla mente i Blind Guardian più acustici ed epici. Segue la strumentale Bad hobbits, nella quale il gruppo mostra ancora la grandissima tecnica di tutti i componenti e il gusto neoclassico di Erik Raven. Così dopo la già citata terza parte di Longin for the woods, è il turno di Land of golden glory, che nonostante l’inizio pacato non tarda a sfociare in una potente sfuriata metallica. Bellissimo l’intermezzo acustico medievale. A chiudere troviamo Lament for Lòrien, una bellissima ballad veramente toccante e drammatica, al tempo stesso dolce ed epica. La bonus track non è altro che una outro strumentale, The tapdancer/Gather ye wild, un lungo assolo di chitarra.
In conclusione un cd che forse non farà la storia del metal ma sicuramente è suonato ottimamente e ben prodotto. Consigliato a tutti i fans dei Blind Guardian, ma anche agli amanti del folk e del power in generale.
Tracklist
1. Gather Ye Wild
2. The Road Goes Ever On
3. Tree
4. Longing For The Woods – Part I: The Wild Children
5. Highland Winds
6. Longing For The Woods – Part II: The Ring Of Fire
7. The Bollard
8. Bad Hobbits Die Hard
9. Longing For The Woods – Part III: Herne’s Prophecy
10. Land Of Olden Glory
11. Lament For Lórien
12. The tapdancer/Gather ye wild (bonus track)