Recensione: Faster Than Death

Ho conosciuto gli Hirax nel 1986 attraverso il loro secondo album: ‘Hate, Fear and Power’, 8 tracce di Thrash Metal/Hardcore puro, sparate per via diretta e senza compromessi in soli 16 minuti.
Un buon album … parecchio genuino … ma, nel 1986, per sua sfortuna, ne sono usciti anche altri: ‘Reign in Blood’ degli Slayer, ‘Master of Puppets’ dei Metallica, ‘Darkness Descends’ dei Dark Angel, ‘Peace Sells … But Who’s Buying’ dei Megadeth, ‘Game Over’ dei Nucler Assault, ‘Eternal Devastation’ dei Destruction … Tutti dischi la cui impetuosità me lo ha fatto mettere, dopo soli tre – quattro ascolti, in secondo piano, dichiarandolo “mediocre” e riponendolo nella mia discografia, dopodiché, degli Hirax, me ne sono praticamente dimenticato.
Ora, dopo ben 39 anni, la curiosità per questo loro nuovo lavoro ‘Faster Than Death’ me li fa riprendere in considerazione.
Prima di tutto, gli Hirax odierni hanno in comune con quelli del 1986 solo il leader e cantante Katon W. De Pena, il quale, dopo lo scioglimento del 1989 ed una lunga pausa di silenzio, ha cominciato a considerarli la sua creatura dando alla luce, in 21 anni, ad altri 4 Full-Length (compreso quest’ultimo, che esce a ben 11 anni di distanza dal precedente ‘Immortal Legacy’ del 2014), adeguando la lineup di volta in volta a seconda delle proprie esigenze.
Instabilità che continua a proseguire: Katon ha inciso ‘Faster Than Death’ con dei musicisti ma lo porta sui palchi con degli altri … confermando la natura attuale di progetto solista degli Hirax.
Musicalmente ‘Faster Than Death’ può dirsi un voler ripartire, essendo fortemente agganciato al primo periodo della band (con l’eccezione della capigliatura del cantante), a confermare ciò al suo interno una nuova registrazione di ‘ Warlord’s Command’, tratta dall’album di debutto ‘Raging Violence’ del 1985, naturalmente ora meno grezza ma comunque sempre selvatica e prepotente.
Anche lui di breve durata (neanche 22 minuti), offre una scaletta di 9 tracce feroci ed immediate, senza compromessi e sparate ad alzo zero, metodo di scrittura sempre lo stesso e nessuna variazione della linea sonora rispetto al passato.
Sicuramente la scelta dei musicisti è stata azzeccata: il Wall of Sound è compatto e caustico, con un buon connubio “basso – batteria” ed un gran lavoro di chitarra, con riff d’assalto e serraggi ritmici ficcanti ed abrasivi. La voce ha giocoforza perso l’irruenza giovanile ma rimane comunque prepotente ed irosa.
Quanto al songwriting … Bhè … rimane sul mediocre, basato sostanzialmente sull’impatto dato dalla breve durata e sulla solita ipervelocità alternata a cambi di tempo viranti al classico o tendenti al Punk, niente che Anthrax, Nuclear Assault o S.O.D., non abbiano già fatto … meglio! Non male ma, dicendola tutta, se Katon W. De Pena non si portasse dietro il nome Hirax, che rientra comunque nella Old School nonostante sia stato sovrastato dagli album citati più sopra, questo loro nuovo album rientrerebbe tra i tanti che escono ogni anno senza destare particolare interesse.
Tirando le somme, nonostante tutto, la sua uscita ci sta … artisti dell’epoca che hanno provato a rientrare hanno raggiunto risultati di gran lunga inferiori! ‘Faster Than Death’, invece, si ascolta bene e qualche lode ce l’ha anche, come ‘Armageddon’, ‘Drowned Bodies’, ‘Relentless’ e la conclusiva ‘World’s End’, che riescono a far sbattere ben bene il collo, alla faccia di cervicale ed altri malanni.
Giudizio positivo, dunque, ed anche voglia sia di rispolverare i primi album, sia di vedere l’inossidabile veterano sessantatreenne K. De Pena dal vivo … per cui l’obbiettivo è stato raggiunto almeno in parte. Chissà se passeranno dall’Italia?