Recensione: Fate of Norns

Di Daniele Balestrieri - 23 Settembre 2004 - 0:00
Fate of Norns
Band: Amon Amarth
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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80

Dopo un paio di anni di silenzio e una fittissima serie di tour divisi tra America e Europa, gli Amon Amarth tornano a far parlare di sé con Fate of Norns, quinto studio-album che mette in risalto ancora una volta quel flare death-viking tanto caro alla vecchia scuola svedese. Le indiscrezioni su questo lavoro si sono rincorse di mese in mese fin dai primi tepori di questa primavera, e la band non ha mai lesinato particolari riguardo alla foggia del loro estro. Fortuna vuole infatti che gli Amon Amarth siano una band particolarmente vivace e solida, con una insolita tendenza alla schiettezza nei confronti dei propri fans. Johan Hegg e il co-fondatore Olavi Mikkonen sono riusciti a mettere immediatamente in chiaro che gli Amon Amarth avrebbero continuato a seguire il granitico sentiero che li ha portati a sfondare grazie a lavori leggendari come Once Sent from the Golden Hall e Versus the World, e che avrebbero sottolineato la vena epica imperante di The Crusher. Ora che finalmente il risultato delle loro fatiche è sotto gli occhi di tutti, possiamo constatare che sì, un’altra asse è stata disposta sulla fiancata del loro imponente drakkar, ed è un’asse diritta e salda come il tronco di una quercia.

Fate of Norns è una vera bastonata di epic/death, una variante molto particolare del viking metal. L’attenzione è riposta in particolare sui riff cadenzati, granitici e possenti che compongono le otto canzoni dell’album, unite insieme come un unico inno agli dei del nord. La semplicità, tagliente come il filo di una spada, è la chiave di volta di questo nuovo capitolo della loro evoluzione compositiva: chi si aspettava un bis di Versus the World rimarrà sicuramente sorpreso – le parti veloci sono sparite completamente. Niente cavalcate tumultuose, nessun terremoto sonoro, nessuna corsa al cardiopalma. Stavolta le tracce avanzano compatte e unite come una fila di elefanti che percuotono ritmicamente il terreno con le zampe.

Lo stile Amon Amarth ormai è consolidato: possono variare i tempi e i riff, ma in ogni album, ogni nota grida “Amon Amarth” – e questo Fate of the Norns non fa assolutamente eccezione. Basta una battuta di “An Ancient Sign of Coming Storm” per rendersi conto che si tratta di loro, e di nessun altro. Johan Hegg in grande spolvero abbraccia il growl più profondo e lo scream più spiritato, esattamente come conveniva fin dai tempi di Thor Arise, la cui aggressività è ormai un ricordo. Per certi versi, tutte le canzoni presenti in questo album ricordano le strutture di Versus the World: riff ben costruiti, possenti, si snodano liberamente tra le strofe, finché un assolo non devasta la struttura della canzone e non la innalza verso un climax epico, particolarmente sottolineato nel passaggio tra la drammatica “Where Death Seems to Dwell” e la title track, “Fate of Norns“. Entrambe le canzoni godono di quei piccoli intrecci narrativi difficilmente percepibili nell’avanzare del muro sonoro, ma sorprendenti se si ascolta ogni traccia con cinica attenzione. Ottimi ancora i riff, che le chitarre modulano in maniera così melodiosa da risultare quasi “tastierosi”, affermazione che probabilmente farebbe inorridire quel Johan Hegg che ha sempre ricordato quanto “il vero viking è metal allo stato puro, senza fronzoli”.

Discutibile o meno, questa fu anche l’idea di Quorthon, e in quanto creatore del Viking Metal, la sua opinione è sempre da tener presente. Una chitarra saltellante ci introduce a “Pursuit of Vikings“, con il suo riff portante tecno-death già abbondantemente testato in album come Once Sent from the Golden Hall e The Crusher, a cui strizza l’occhio in più di una occasione grazie alla formula ritmica che riporta ai fasti di “Annihilation of Hammerfest” e alla formula melodica che riporta alla drammaticità devastante di “Amon Amarth”. Bestia da palcoscenico con il suo “Ride! Ride! Ride!” la seguente “Valkyries Ride“, e caratteristica nel testo “The Beheading of a King“, che sebbene non si distingua molto dal marasma sonoro delle precedenti, quantomeno risalta nel significato, essendo la classica traccia celebrativa anti-danese che innalza gli eserciti svedesi dell’alto periodo vichingo. Fonte di luce del disco è la seguente “Arson“, che si apre con lunghi, tremendi boati di corni e una carica travolgente di guerrieri armati: grazie solamente a questa canzone potrete percepire con grande coinvolgimento tutte le cose che hanno reso tanto gloriosa questa band. C’è infatti di tutto: strofe discorsive, assoli poderosi e fraseggi incalzanti come un fiume in piena, sempre comunque nel ritmo cadenzatissimo, quasi doom, che sembra aver travolto l’intero Fate of Norns. L’epicità spasmodica di Arson viene sigillata con la seguente, e ultima, “Once Sealed in Blood“, che decide di alzare di poco la velocità e di dar sfoggio di un growl particolarmente brutale, tra le cui vibrazioni si inseriscono riff ben distinti tra di loro, che dividono la canzone in piccoli frammenti e ne esaltano la drammaticità. Insomma, c’è poco da dire: il tema ricorrente è l’epicità, la drammaticità e la possenza di tutti i fraseggi che compongono questi cinquanta minuti di orgogliosi inni vichinghi.

Degno di nota è il DVD in regalo con l’edizione limitata di Fate of Norns, che riproduce per intero il concerto tenutosi il cinque marzo del 2004 al Grand Rokk di Reykjavik, Islanda. L’aggiunta, che non ha innalzato il prezzo di nemmeno un centesimo, è davvero gradita e aumenta di molto il valore di questa release, anche se l’interfaccia grafica è davvero ridotta al minimo: un titling fiammeggiante di livello infimo apre 50 minuti in cui la band si destreggia in un palco minuscolo davanti a una ventina di islandesi esagitati, alcuni dei quali si guadagnano anche spintoni e ringhi da parte dello stesso Johan Hegg, aggredito a più riprese da un paio di fans un po’ troppo esaltati. La performance è davvero eccellente, ed è forse uno dei migliori concerti che io abbia mai visto a livello di esecuzione, peccato per le telecamere deboli e il gioco di inquadrature praticamente assente, che rende lo spettacolo noioso, quasi superfluo a livello visivo. In ogni caso, un altro grande bonus dalla stessa band che nella Viking Edition di Versus the World ci regalò l’intera summa dei loro demo completamente rimasterizzati.

Non c’è questione per i fans degli Amon Amarth: probabilmente avrete già questo CD e non lo toglierete tanto presto dal lettore. Per gli ascoltatori occasionali invece il discorso si fa più complesso. Fate of Norns non è di certo il lavoro migliore degli Amon Amarth. A differenza dei precedenti, che esplodevano in tutta la loro potenza fin dal primo ascolto, questo è un CD un po’ più introspettivo, più amalgamato, che necessita di diversi ascolti per essere apprezzato appieno. I riff particolarmente orecchiabili fanno il loro sporco lavoro fin dalle prime note, ma la perdita di terreno è evidente se comparato con i fratelli più elaborati che ho già citato. La mancanza di velocità potrebbe risultare soporifera per gli ascoltatori che ricordano gli Amon Amarth di Sorrow Throughout the Nine Worlds, e proprio a loro mi rivolgo in questo momento: pensateci prima di acquistarlo a occhi chiusi.

Fate of the Norns è epicità allo stato brado, è un CD di “metal” propriamente detto. Nessun compromesso, metal potente, distruttivo, che piacerà agli amanti dell’epic e lascerà un po’ amareggiati gli amanti di un viking e un death un po’ più veloci ed eclettici. Credo, in ogni caso, che il mercato mediterraneo sia particolarmente fertile per CD di questo tipo: gli epic-metallers spagnoli, greci e italiani hanno sempre avuto un debole per questo genere di produzioni massicce, che da queste parti proseguono un trend già ben assestato, mentre in Scandinavia rappresentano quella “gemma” alla quale attingere nel momento in cui la marcata eccentricità della new wave di metal nordico comincia a far venire il mal di testa.

Un CD che sarà sicuramente amato da molti, ma non da tutti. Troveremo chi lo giudicherà un mostro di passione e di furore epico, e chi lo giudicherà un prodotto ripetitivo e per certi versi scontato. Personalmente, avendo passato da un po’ di tempo quel periodo epico senza compromessi, penso che quest’album sia un po’ troppo decadente, e la mancanza di parti tirate si fa sentire, specie per un amante degli Amon “vecchia maniera”. Ma mi rendo conto che il mio vecchio io amante dell’epic lo giudicherebbe un prodotto ai vertici del genere, e questo basta per rendere tale Fate of Norns un altro centro, sebbene un po’ tirato, dei cinque vichinghi svedesi.

TRACKLIST:

1. An Ancient Sign of Coming Storm
2. Where Death Seems to Dwell
3. The Fate of Norns
4. Pursuit of Vikings
5. Valkyries Ride
6. The Beheading of a King
7. Arson
8. Once Sealed in Blood 

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