Recensione: Faunalia

Di Carlo Mauri - 18 Novembre 2018 - 9:00
Faunalia
Band: Selvans
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2018
Nazione:
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84

Folk: relating to the traditional art or culture of a community or nation.

‌È bene tenere a mente questa definizione dell’Oxford Dictionary prima di parlare di “Faunalia“, secondo full-length del duo abruzzese Selvans, la cui pubblicazione è ancora una volta affidata alla nostrana Avantgarde Music. I Selvans si confermano come una band “folk” nel senso più letterale del termine, un senso ormai distante da quello che la parola ha assunto in ambito musicale (soprattutto metal) in tempi recenti. Haruspex e Fulguriator, infatti, sin dalle origini della band hanno scelto di ripercorrere attraverso la loro musica le storie e le tradizioni della propria terra (l’Abruzzo e, in senso meno stretto, l’Italia), operazione che riesce loro con la massima credibilità e naturalezza senza mai sfociare in alcuna deriva “caciarona” che la parola “folk” ai giorni nostri talvolta può nascondere. A tal proposito, dal punto di vista lirico non si possono non citare le due lunghe suite ‘Magna Mater Maior Mons‘ e ‘Requiem Aprutii‘. La prima è dedicata ai due più importanti massicci montuosi abruzzesi, ovvero la Majella e il Gran Sasso, luoghi da sempre ammantati da un fascino pagano in parte legato alla figura di Maia, presente nella mitologia greca e romana. È invece ben più attuale nei temi ‘Requiem Aprutii‘, che nei suoi tre atti mette in musica le devastanti calamità che colpirono l’Abruzzo e l’Italia centrale tra il 2016 e il 2017.

 Le due suite tuttavia non rappresentano soltanto un esempio dell’universo lirico in cui si muove la band, ma anche un attestato della sua capacità di spaziare tra diversi registri senza cali di tensione. La base rimane un black metal a volte ferale, a volte più atmosferico e cadenzato, arricchito dall’uso di strumenti provenienti dalla musica tradizionale come flauti e tibiae: fare paragoni può essere fuorviante, ma non siamo distanti da band come i Negură Bunget per quanto riguarda un approccio di assoluta serietà nell’unire territori estremi al folklore della propria terra. Tuttavia, in questa nuova fatica il suono che identificava la band in Lupercalia si è ulteriormente arricchito: basti pensare ai cori o alla sezione neofolk presenti in ‘Magna Mater Maior Mons‘ (impreziosita dalla magnifica voce di Mercy degli Ianva), o agli intermezzi di ‘Requiem Aprutii‘ che richiamano le colonne sonore composte da Ennio Morricone. Anche l’uso delle tastiere si fa sempre più variegato in “Faunalia“: non di rado sembrano richiamare un suono settantiano, da organo Hammond, che contribuisce al costruire atmosfere decisamente dark e sinistre. Basti pensare a ‘Phersu‘ (misterioso personaggio raffigurato nelle pitture etrusche di alcune tombe di Tarquinia), dichiaratamente ispirata alle colonne sonore del cinema horror italiano (con citazione al tema di “L’Etrusco Uccide Ancora”, oscura pellicola del 1972), o a ‘Anna Perenna‘ (dea romana personificazione del rinnovarsi degli anni), lenta, misterica e completamente cantata in latino.

Un importante contributo a questo disco è dato anche dai numerosi musicisti che vi hanno collaborato: la prestazione di HK dietro le pelli rende il suono molto più naturale rispetto a “Lupercalia” e alla sua drum machine, e non è da trascurare l’aggiunta di Acheron alla seconda chitarra. Entrambi sono già presenti da anni nella lineup dal vivo della band ma se volessimo citare invece alcuni degli ospiti veri e propri, sicuramente spiccherebbero i nomi di Agghiastru, mastermind di Inchiuvatu e molti altri progetti (voce aggiuntiva su ‘Notturno Peregrinar‘, pezzo interamente cantato in dialetto), del già citato Mercy e di Gianluca Virdis, trombettista degli Ianva, che offre la sua prestazione sulla conclusiva ‘Requiem Aprutii‘. Anche nella scelta di queste collaborazioni si può leggere un unico filo conduttore, un’unità d’intenti: sono tutti musicisti italiani che da decenni raccontano di epoche passate, miti e tradizioni attraverso la propria musica, risultando quindi perfettamente inseriti nel contesto dell’album da una prospettiva non solo musicale ma anche di condivisione dello stesso humus culturale.

Faunalia” è un disco di grandissima maturità ma anche freschezza, in cui la band dimostra enorme personalità nel legare influenze musicali e riferimenti lirici provenienti dalle epoche più disparate, ma, che si parli di cinema horror o di mitologia etrusca, sempre appartenenti a un comune retroterra culturale “italico”. Il talento e l’unicità di questo duo non possono passare inosservati e rappresentano una vera boccata d’ossigeno per una scena italiana sicuramente ricca di nuove band valide, ma di rado così ambiziose e capaci di costruire un sound fresco, vario e riconoscibile. Fatevi un favore: ascoltate questo disco al più presto, compratelo e andate ad assistere ad uno dei loro concerti. Non rimarrete delusi.

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