Recensione: Feast
C’è sempre grande attesa dietro un disco degli Annihilator, storica speed metal band canadese al cui cervello opera quella bestia di Jeff Waters, straordinario interprete delle sei corde, nonché brillante compositore. Un compositore che nel corso di trentanni di onorata carriera ha saputo tener vivo l’interesse verso la sua creatura (a dire il vero gli anni sono ventinove dato che la band è nata nel lontano 1984).
“Feast” è la quattordicesima release di inediti del combo proveniente dalla British Columbia, prodotto da una formazione ancora una volta rinnovata negli intenti, che garantisce un’iniezione di energia e modernità in grado di iniettare al sound degli Annihilator un tono medio superiore allo standard atteso dalla maggior parte dei colleghi sulla piazza. E ciò sia in termini di freschezza, sia in termini di dinamica, sopratutto a livello di drumming, decisamente convincente grazie alla slanciata prestazione di Mike Harshaw.
“Feast” suona ancora una volta differente rispetto al passato recente della band, che vale la pena menzionare. Fino a “Schizo Deluxe” del 2005 (escludendo le uscite fino al 1994) il gruppo aveva dato origine, infatti, ad un sound ‘standard’ abbastanza chiaro: melodie moderne, un briciolo di groove ben pompato e linee vocali clean tipiche del cambiamento metal in atto. Con “Metal” (2007) qualcosa stava già cambiando (in peggio o in meglio non era molto chiaro…). Esce poi quel semi capolavoro di “Annihilator“. Correva l’anno 2010: soli fulminei, duetti, raffiche devastanti di assassino speed metal, accelerate degne del miglior thrash metal West Coast. Insomma, un vero e proprio tifone aveva assalito il mercato, lasciando un segno indelebile nel contemporaneo movimento, troppo spesso falsificato da quella tonnellata di uscite thrash-core, banali e storicamente riclicate.
Con “Feast” si riporta in auge una certa attitudine bay area di qualità (‘Deadlock’ e ‘No Way Out’), che traspare dal valore di una ballad per nulla scontata (‘Perfect Angel Eyes‘) come pure dalla solidità del groove moderno (‘Demon Code‘) abbinandolo alla ricercatezza compositiva tipica dei migliori brani targati Annihilator di quest’attuale era produttiva. Ascolterete quindi nove pezzi ben composti, corposi nell’impatto, omogenei per songwriting, senza cioè che uno d’essi spicchi per particolari peculiarità, ma che si fanno apprezzare. “Feast” si presenta molto compatto e coinvolgente, sopratutto per l’uso massiccio di ritornelli aggressivamente efficaci anche se simili tra loro. Da sottolineare la prestazione tagliente e aggressiva del chitarrista-cantante Dave Padden, presente ormai in line-up dal 2004.
Produttivamente il disco è privo di quel ‘frizzante’ che garantiva agitazione ai brani della precedente release.
Infine, stupendo come sempre l’artwork e la possibilità di poter scegliere tra vari formati: Jewel Case CD, Gatefold LP, Download digitale e D2C.
Una bella partita non c’è dubbio, ma nulla di più… come ci si aspetta invece dai campioni. Rispetto al precedente, così come rispetto ai grandi capolavori di inizio carriera (dovere citarli), si compie un piccolo passo indietro riguardo il parco soli, punto di forza dell’operato di Waters (da sempre!) che, nell’occasione, più di tanto non s’è sprecato.
Ci si poteva aspettare un po’ di più! Jeff, dove l’andiamo a pescare un altro come te con i tempi che corrono? Sei in forma, hai tre ragazzi pieni di entusiasmo ed energia che ti supportano in sede live, uno di questi sembra un ‘piccolissimo’ James Hetfield per qualità di carisma e doti tecniche… Ce lo regali un altro piccolo capolavoro, magari fra quattro anni? Noi attendiamo fiduciosi.
Nicola Furlan
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