Recensione: Feeding the Flames
econda prova sulla lunga distanza per i finnici Burning Point, dopo il primo “Salvation by Fire” di due anni fa il gruppo sembra aver maggiormente affilato le proprie armi su questo nuovo “Feeding the Flame” collezionando una serie di pezzi di buona fattura e certamente interessanti. Limb Schnoor garantisce ai Burning Point una produzione precisa e molto potente, una buona visibilità sui magazines e la possibilità di suonare su alcuni dei palchi più importanti d’Europa al fianco di band di massimo rilievo. Questa possibilità è elargita alla luce di un miglioramento artisitco notevole, il gruppo punta su un power metal potente, non direi melodico, ma comunque armonizzato con vibranti riff oscuri e taglienti che garantiscono a ogni brano una efficacia immediata. I Burning Point hanno una forza notevole, certamente la band può emergere sotto il profilo esecutivo nei concerti, il metal dei nostri non cerca di inventare soluzioni innovative ma rielabora stilemi già noti in modo efficace e convincente. Il cantato è decisamente grintoso e convincente, sebbene capace di arrivare molto in alto, il bravo Pete Ahonen interpreta le linee vocali pensando alla resa finale, alla potenza piuttosto che al vocalismo puro. Scordatevi paragoni con i vari compatrioti della scuola di Timo Tolkki, i Burning Point suonano in modo frontale e convincente alternando pezzi veloci, mai eccessivamente per altro, a dei graffianti mid-tempos che promettono buoni responsi in sede live. Il gruppo non bada troppo alla esecuzione sopraffina, il disco è piacevolmente sporcato con le vibrazioni ancora immaccolate delle chitarre, una scelta che credo garantirà dei consensi ai Burning Point da parte degli amanti del metal classico che non digeriscono i dischi power sonoramente puliti fino alla sterilità.
La prima “Into the fire” con i suoi tre minuti di energia pura si presenta come uno dei migliori brani del disco, le chitarre sono taglienti e dinamiche, anche se non propriamente originali i Burning Point colpiscono nel centro se vogliono. Un bel riffing ritmico e potente è alla base della successiva “Blackened the sun” che a mio avviso svela l’altra anima del gruppo, quella propriamente metal, sicuramente più legata alla tradizione degli anni che furono. Anche se inquadrati nel calderone del power metal nordico io credo che i Burnin Point appartengano alla scuola del metal classico, la direzione che hanno scelto per suonare power metal è comunque debitrice degli stilemi classici del metal. Pesante e aggressiva anche la terza “Veil of secrecy” possiede le solite buone idee delle linee di chitarra ritmica affiancate a un drumming energetico e vibrante, certamente il gruppo non si preoccupa troppo di raffinatezze e soluzioni ardite, ma il risultato mi convince. Meno azzecchate ed efficaci “Quicker than the eye” e “Stray bullet” non emergono dalla generalità dei brani proposti, risolvendosi in due filler che abbassano il livello artistico del disco, ma non lo abbattono. Buone le conclusive “Resurrection machine” e “All the madness” sfoderano due brllianti assalti finali ai timpani dell’ascoltatore, mentre la lunga “Feeding the flame” riassume bene la capacità del gruppo di muoversi agilmente anche sui tempi medi, la potenza e l’energia non vengono dimenticate per un solo attimo e questo aspetto lo condivido in pieno.
Ritornando al disco, devo ammettere di aver gradito l’approccio frontale e sincero del gruppo, ci tengo a sottolineare come questo platter apparirà inutile e ripetitivo a certi, però se amate il power metal come lo amo io di certo troverete qualcosa di interessante tra i solchi di questo lavoro. L’innovazione non è una prerogativa del gruppo, non credo che con questo platter cambieranno la storia del metal, ma certamente l’attitudine non manca e i risultati arriveranno.
1. Into the Fire
2. Blackened the Sun
3. Veil of Secrecy
4. Voice From the Past
5. I Am the Silent One
6. Stray Bullet
7. Nightgames
8. Quicker Than the Eye
9. Malmikivi (Instrumental)
10. Resurrection Machine
11. All the Madness
12. Feeding the Flames