Recensione: Feel the Steel
Jo “Capitalicide” Steel è un polistrumentista canadese che sotto il moniker Ice War giunge addirittura al settimo full length. La sua parabola, infatti, prende inizio nel 2015, in quel di Ottawa, la stessa città degli Exciter (anche se non c’entra proprio per nulla con i guerrieri capitanati da Dan Beehler, ma ci arriveremo…). Impossibile, poi, citare tutte le altre numerosissime sue collaborazioni.
Feel the Steel, il disco oggetto della recensione, licenziato sul mercato dalla coraggiosa – in questo caso specifico – Hooked on Metal Records, etichetta che in passato si era distinta per ottime uscite quali Axe Witch e Savage Grace, si presenta tamarro che più tamarro non si può sin dalla copertina: un po’ raffazzonata invero ma che non lascia certo dubbi riguardo cosa poi contenga ma è soprattutto il retro che risalta: Jo Steel è ripreso in foto in posa a torso nudo avviluppato da una sorta di costume nero improbabilissimo tutto tagliuzzato così da simulare la tartaruga sottostante. Roba da presa in giro. Una mise tipo quella che indossava il chitarrista dei Laaz Rockit – ma nei primi anni Ottanta! – per intenderci.
Non che sia male rifarsi ai fasti, anche a livello di look, del passato, assolutamente! Ma come in tutte le cose c’è modo e modo e senza dubbio il canadese risulta leggermente rivedibile (eufemismo) su più aspetti…
Le sorprese, però, totalmente in negativo, arrivano nel momento in cui il laser si poggia sul dischetto ottico: quello che avrebbe la pretesa di essere un tributo alla musica degli anni Ottanta si rivela una delusione.
Registrato male, inconsistente, ovattato, piatto, privo del benché minimo spunto ammiccante, mal suonato e cantato pure peggio. Idee? Poche e per di più stantie, potenza alle casse deficitaria… Nei momenti migliori (?), ops… in quelli meno peggio pare di trovarsi di fronte alla versione dozzinale, grossolana e annacquata degli Heavy Load.
Nessuno mette in discussione la fede di Jo Steel, ci mancherebbe, né il suo amore per i prodotti profondamente amatoriali così come il suo probabile entusiasmo, ma dopo l’ascolto, oltremodo faticoso, ci si chiede che senso abbia, nel 2025, fare uscire un album siffatto.
Per prudenza ho pure atteso che da qualche parte uscisse magari in automatico lo striscione “sei su scherzi a parte”, senza esito, però
Oltre non si vuole infierire.
Stefano “Steven Rich” Ricetti