Recensione: Fields of Ashes
Melodic, Epic, un po’ di Death ed un pizzico di Black, aggiungiamo due gocce di power e altre due di angostura e poi … lasciamo perdere! Fare un cocktail di generi per definire il sound dei milanesi Valar Morghulis è, a mio parere, inappropriato. Chiamiamolo per quello che è: il lavoro di cinque artisti che, amalgamando le loro influenze e le loro conoscenze, hanno tirato fuori un Heavy Metal con le palle, che fa venire i brividi e che scatena più di un’ emozione.
Nato nel 2017 e proveniente dall’hinterland milanese, il combo sceglie un monicker di forte impatto: ‘Valar Morghulis’, due parole inventate per la serie televisiva ‘Il Trono di Spade’ che, pronunciate assieme, diventano una formula magica (che viene utilizzata da Arya Stark per cavarsela quando è nei guai) dal significato tremendo quanto vero: ‘Tutti gli uomini devono morire’, nel senso che tutti sono mortali, senza eccezioni.
Un nome importante quindi, che fa riflettere su quanto siamo fragili e, a volte, ciechi nel non vederlo.
Con le idee chiare fin da subito, il combo entra in sala d’incisione dopo dieci mesi di prove e di duro lavoro e produce in autonomia l’EP ‘The Origins’, dopodiché si dedica ai palchi, supportando band quali Ulvedharr, Ephyra, Mechanical God Creation e molti altri, arrivando, nel 2019, ad aprire il primo show internazionale per i tedeschi All Will Know.
Tornati in sala d’incisione, a novembre di quest’anno pubblicano il loro primo Full-Length, dal titolo ‘Fields of Ashes’, distribuito dalla Dark Hammer Legion, divisione della Volcano Records, label specializzata nello scoprire nuovi talenti.
La forza dei Valar Morghulis sta nella ritmica: granitica, pesante e dinamica, che attesta che il gruppo fa il vero Heavy Metal, di cui parlavamo prima, intriso di colori forti, scuri e pieni. Una batteria protagonista, dietro la quale siede Vale, con la doppia cassa sempre pronta ad esplodere nei momenti dove occorre maggior forza, un basso poderoso, suonato da Rob, e chitarre avvincenti, a carico di Luca e Lorenzo, che portano il giusto tocco epico.
E poi c’è lei dietro il microfono: Isobelle, che canta ogni traccia come se stesse narrando una storia, risultando disperata, tragica, avvincente o carica a seconda di quello che sta raccontando e di come lo vuole raccontare, sia che si tratti di storie fantasy (come in ‘Where the Blackfish Dwell’ o ‘Dreadfort’, che si rifanno alla saga del ‘Trono di Spade’), di tragedie accadute realmente (come in ‘Darvulia’, che parla dell’amante terribile della contessa Bathory, complice dei suoi efferati delitti) o di racconti mitologici (‘Queen of Hades’, che narra di Persefone) grazie all’ampia gamma di registri tonali che possiede che le consentono di passare dai toni più grevi a quelli più acuti senza apparente sforzo.
Emozionanti anche le parti delle chitarre soliste: mai eccessive e sempre legate al pezzo, aumentano, a seconda dello spartito, il senso epico, tragico o pesante che sia.
Heavy Metal dunque, dove le contaminazioni ci sono ma per rafforzarlo e non per snaturarlo: lo scream od il growl che s’interseca o si amalgama con la voce di Isobelle per aumentarne il tono epico od il senso di angoscia, l’uso di dissonanze per aumentare l’ansia ecc. Insomma, i Valar Morghulis, pur parlando di storie del passato (terribilmente vere o di fantasia) vivono nel presente e ce lo fanno sapere attraverso il loro sound.
Tra i brani di spicco citiamo ‘Broken Eagle’, dai toni tragici ma duri e ‘Devil’s Dreams’, una semi-ballad che sovrappone bene la voce dolce della vocalist ad una ritmica dura e pestata.
La già citata ‘Darvulia’ esce un po’ dagli schemi, con passaggi dissonanti che danno una chiara idea di quello che è l’insania furia omicida, così come ‘Queen of Hades’ riesce a creare intorno all’ascoltatore l’atmosfera buia dell’odio atroce.
In definitiva ‘Fields of Ashes’, che contiene anche i tre pezzi che compongono il primo EP, è un buon esordio che mostra una band compatta, che sa il fatto suo e che vuole sfondare.
Ad onor del vero qualche sbavatura qua e la si sente, ma nulla che non possa essere corretto dall’esperienza che i Valar Murghulis faranno, si spera vivamente, nel prossimo futuro. Per ora bravi! Auguriamo loro una densa attività live.