Recensione: Fields of Salvation

Di Matteo Lavazza - 15 Febbraio 2004 - 0:00
Fields of Salvation

Terzo album per i Burden of Grief, uscito proprio in concomitanza con il decennale della loro formazione. Ammetto di non aver mai sentito prima d’ora il gruppo, quindi non posso fare paragoni con ciò che la band ha fatto prima di questo “Fields of Salvation”, rimane però il fatto che quello che ho sentito su questo album mi ha lasciato davvero un ottima impressione, partendo proprio dall’iniziale “Desaster and Decay”, una sorta di Death melodico con qualche piccola influenza Thrash qua e la che colpisce decisamente nel segno, grazie soprattutto alle ottime linee vocali del cantante Mike Huhmann e all’ottima tecnica strumentale di tutti i componenti della band, una tecnica messa a disposizione della canzone, che riesce ad essere davvero efficace in virtù di una serie di cambi di tempo studiati alla perfezione.
Tutto il disco è un susseguirsi di canzoni molto ben articolate, che pur rimanendo sempre fedeli alla linea guida tracciata dal primo pezzo hanno il pregio di non risultare mai ripetitive.
Pezzi tipo “Dead Soul Decline”, con le sue accelerazioni alternate a parti più tranquille, la cattiva “Slowly Pass Out”, dove ritmi serrati si sposano alla perfezioni con ottime melodie, fermo restando il punto forte dei Burden of Grief, cioè la capacità di dare dinamismo e fluidità alle canzoni con dei cambi di tempo sempre azzeccati, “Yearning for Salvation”, lenta e cupa all’inizio prima di esplodere in tempi quasi Black, oppure la conclusiva “Don’t Fear the Creeper, con il gruppo che gioca su mid tempos rocciosi.
Un discorso a parte lo meritano sicuramente “The Nightmare Within”, un pezzo davvero splendido, praticamente una canzone in cui i Burden of Grief  soo riusciti a fondere al meglio tutte le loro caratteristiche, e “Fields of Salvation”, uno strumentale  che non fa uno sfoggio gratuito di tecnica strumentale, ma che cerca piuttosto di creare atmosfere diverse, riuscendoci alla grande.
I suoni del disco sono davvero buoni, le canzoni hanno tutte la giusta potenza e tutti gli strumentoi riescono ad avere il giusto spazio.
Come ho già scritto la band tecnicamente è decisamente valida, una nota di merito la merita però il bassista Dirk Buhlman, davvero bravo a trovare sempre la giusta soluzione per dare dinamismo alle varie canzoni, l’unica pecca è secondo me la totale o quasi assenza di assoli veri e propri, che avrebbero a mio parere dato qualcosa in più a vari brani.
In chiusura posso dire che i Burden of Grief hanno confezionato un lavoro davvero molto valido sotto molti aspetti, l’unica vera pecca è la troppa somiglianza con gruppi tipo In Flames o Dark Tranquillity , però quando il livello delle canzoni è così alto qualche piccolo “rimando” ai capostipiti del genere credo possa anche essere perdonato.