Recensione: Fight to the end
Da buon tape trader quale reputo di essere, ero venuto in possesso del three track demo dei misteriosi Vhaldemar, una band delle poche coming band che erano riuscite ad intrigarmi già al primo ascolto, ma mai e poi mai avrei potuto pensare che con un moniker come il loro, un’immagine così “denhim and leather” e un suono di chiara impostazione teutonica, i nostri amici arrivassero dal sud della Spagna. Ebbene si, oramai non è più un eufemismo dover ammettere che anche il classic metal è riuscito ad abbattere i sentimenti di pregiudizio radicati nei cuori dei metal afecionados, e se in passato la leadership di certe sonorità era sempre più nelle mani di super potenze come la Germania e la Svezia, con gli altri a dividersi le briciole, da qualche anno a questa parte non è più così, così non suscita nemmeno più tanto clamore parlare di power metal band iberica, e se poi questa riesce nel non facile compito di sfornare un ottimo album come il loro auto intitolato esordio, beh meglio ancora. La storia dei Vhaldamar non è poi così diversa da quella di altre migliaia di bands che passano la loro esistenza fra molteplici prove in cantina e qualche sparuta esibizione live, solo che i nostri amici hanno avuto più culo di tutti gli altri, e si diciamolo pure chiaro, e nel giro di qualche anno dalla sua fondazione, e senza faticare più di tanto, è riuscita a strappare un contratto per ben tre dischi alla sempre più attiva Arise records. Ma cosa avranno mai di speciale questi Vhaldamar nel riuscire ad attirare l’attenzione di un’etichetta di prestigio come la Arise? Beh niente, veramente niente di speciale, anzi direi di più, i Vhaldamar non fanno niente per risultare un tantino originali, risultando l’ennesima copia carbone degli indiscussi sovrani del power metal per antonomasia, ovvero i Gamma Ray. Le chitarre gemelle ci sono, la classica impostazione strofa/bridge/coro anche, la voce roca alla Hansen pure, insomma le dodici tracks di cui si compone l’album, riportano più volte alla memoria i suoni e le ambientazioni di album pluri platinati come “Somewhere out in space” o “Powerplant” risultando anche un tantino scontati nonché stantii, tanto che una band come gli Heavenly a confronto sono degli innovatori, ma allora? Allora a me i Vhaldamar piacciono da morire, giuro che non mi sono mai divertito in questo modo ad ascoltare un disco, ed anche se più volte sono stato assalito dal pensiero ” io questo brano già l’ho sentito”, non riesco assolutamente a distaccarmi da questo dischetto. La preparazione tecnica e il gusto melodico sono senza dubbio caratteristiche che appartengono al back ground sonoro dei nostri amici, e l’onestà e la passione con cui i quattro si cimentano nella riproposizione di schemi triti e ritriti, ha davvero dell’incredibile, ma nonostante tutte queste qualità, “Fight to the end” è un album dannatamente semplice. Dodici veri anthem da cantare a squarciagola finchè si ha fiato sormontati da linee di chitarre dal vago sapore neoclassico, insomma se amate il tipico power metal teutonic style, se l’epicità dei primi Manowar e degli Heavy Load vi fa accapponare la pelle, beh “Fight to the end” fa di sicuro al caso vostro.
Beppe “HM” Diana