Recensione: Filth
Ci avevano già “deliziato” con The Destruction Of Commercial Scum, e non contenti eccoli tornare più osceni che mai con Filth… Sempre meno disposti a piegarsi a qualsivoglia compromesso, si ripresentano con la stessa immagine provocatoria (a partire dalla copertina…) e ovviamente con lo stesso suono massiccio e disturbante. Un gruppo che non si accontenta di abbracciare il concetto di estremo dal solo punto di vista musicale, e che si fa perdonare la pacchianeria di alcune scelte di immagine per lo spirito stesso con cui ce le presenta.
Troppo complessi per essere definiti Grind, possiamo considerare i Waco Jesus come un gruppo che suona del buon Brutalcore. A pezzi semplici ed immediati come “Punch You In The Cunt” se ne affiancano infatti molti dalla struttura e dalle soluzioni ben più elaborate, che, pur sviluppandosi su tempi discreti, difficilmente si ripetono in continuazione.
Di Brutal c’è propriamente la sola sezione ritmica, non letteralmente mostruosa se paragonata al livello medio che ha raggiunto il genere, comunque più che encomiabile, soprattutto per velocità ed impatto. Le chitarre lavorano invece in un modo piuttosto particolare: quasi sempre riffing a corde aperte, pochissimo spazio a stoppati, per creare un tappeto sonoro spaventoso. Per dare un minimo l’idea, si può pensare ad alcune parti di Suffering Within dei nostrani Underakers… Nel caso dei Waco Jesus però il riffing è ancora più continuo, e quello che perdono in potenza lo riguadagnano nell’insieme come brutalità.
Se proprio dovessi trovare un punto debole in questo lavoro, andrei decisamente sul cantato… Il growl sa molto di filtrato, e comunque lavora in maniera monotona su un tono abbastanza anonimo. Le cose non vanno meglio sullo scream, che pur comparendo poche volte riesce a farsi notare per la sua banalità… In un contesto così estremo lavorare con più cura all’aspetto vocale avrebbe certamente contribuito non poco.
La definizione Brutalcore viene spontanea non solo per il già citato stile chitarristico; non mancano infatti tracce in cui l’influenza hardcore emerge chiaramente. Abbiamo due esempi consecutivi nella tracklist, con “Orgasm Is The Enemy” e “Animosity”. Senza comunque andare a pescare i singoli riff delle singole tracce, lo stile è visibile nel generale approccio del gruppo alla stesura dei brani, nella scelta di determinati passaggi, e in mille particolari più facili da ascoltare che da spiegare a parole…
Come tutti i lavori Morbid Records, anche in questo caso ad una registrazione rigorosa si privilegia un suono molto più naturale, il che regala moltissimi punti ad un gruppo simile. Da tutto ciò ne esce un album discreto, che intratterrà nel giusto modo chi adora le sonorità più pesanti e lascerà impassibile chi dalla musica cerca qualcosa di più. Tuttavia nel loro settore i Waco Jesus dimostrano con questo ultimo lavoro di saperci fare; un po’ più di mobilità e qualche variazione tra una traccia e l’altra sarebbero state certamente gradite, ma ciò non toglie poi molto a questa micidiale registrazione. Un album non destinato ad entrare negli annali, ma più che sufficiente per martoriare per qualche mese le vostre casse.
Matteo Bovio