Recensione: Final Advent

Di Manuel Gregorin - 26 Settembre 2022 - 0:01
Final Advent
Band: Dynazty
Etichetta: AFM
Genere: Hard Rock  Power 
Anno: 2022
Nazione:
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83

Ed alla fine vede la luce anche il nuovo lavoro degli svedesi Dynazty.
Previsto inizialmente per aprile, Final Advent arriva finalmente nei music store ad agosto 2022 sotto il marchio dalla AFM Records. Ottavo album di una carriera iniziata più di dieci anni fa, anche questa nuova opera vede la formazione immutata rispetto agli ultimi anni. Infatti i fondatori  Rob Love Magnusson (Chitarra e tastiere), George Egg (batteria) e Nils Molin (voce), sono ancora affiancati da Mike Lavér (chitarra) e Jonathan Olsson (basso), entrati in formazione rispettivamente dal 2012 e 2013. Un sodalizio così duraturo negli anni testimonia la compattezza e l’affiatamento che alimenta il motore dei Dynazty. Registrato fra lo studio di Love Magnusson a Stoccolma e gli Hansen Studios in Danimarca, questo nuovo capitolo discografico vede Jacob Hansen dietro al mixer e la prestigiosa mano dal brasiliano Gustavo Sazes a disegnare l’artwork in copertina (già autore delle cover di British Lion, Kamelot, Firewind, Iced Earth ed Amaranthe).

Final Advent, un titolo che, stando alle parole della band, vuole significare l’arrivo di una persona o di qualcosa di importante. Come infatti pare avere una certa importanza per il combo svedese la realizzazione di questo nuovo album, con il quale si vuole continuare la serie positiva iniziata con i lavori precedenti. Anche per questo ultimo tassello discografico la formula proposta rimane invariata: un adrenalinica combinazione a base di hard rock e metal melodico, che in più occasioni si avvicina alle porte del power senza però oltrepassare mai completamente la soglia.  Il tutto contornato da chitarre precise ed affilate, ricami di tastiere dal vago retrogusto electro ed un cantato grintoso ma sempre di facile ascolto.

Le danze si aprono con Power Of Will, un pomposo mix di potenza e melodie ammalianti che vanno a combinarsi in un brano di quelli che ti fanno fare i salti. Salti che continuano con Advent, un pezzo più rabbioso con monolitici riff di chitarra ed una sezione ritmica serrata dall’attitudine quasi marziale. I sopracitati salti diventano addirittura mortali con Natural Born Killer.  Tastiere dal suono glaciale aprono la strada alla strofa che inizia con la sola voce di Nils Molin accompagnata da un ritmo di batteria ed un sottofondo di tastiere. Con l’ingresso poi di chitarre e basso, il pezzo prende a galoppare fino all’esplosivo ritornello. Una composizione quest’ultima che si presenta come uno dei punti più alti del disco.

Dopo tutto questo saltare i Dynazty ci concedono finalmente una piccola pausa per tirare il fiato con Yours, una ballad malinconica dalle armonie maestose. Si ricomincia poi a correre con All The Devils Are Here, dove i Dynazty mettono sul piatto un brano energico con melodie di impatto immediato. Degna di nota The White, terzo singolo di questa nuova fatica in studio.  Il brano si presenta come un avvincente mid tempo con melodia dominante ed un ritornello orecchiabile. In evidenza la prestazione di Nils Molin, che troviamo in gran spolvero grazie alla notevole estensione vocale in suo possesso. Meritevole di attenzione anche il lavoro alle chitarre di Rob Love Magnusson e Mike Lavér, che nell’assolo trovano spazio per un passaggio in acustico dai sapori flamenco.

Si susseguono poi Instict con riff di chitarra più pesanti e la ritmata Heart Of Darkness prima di arrivare ad Achilles Heel.
Quest’ultimo brano si presenta con partiture sinfoniche che fanno da cornice ad un pezzo epico dall’andamento molto orientaleggiante. Una composizione che in certi frangenti evoca certe atmosfere suggestive presenti in Egypt (The Chains Are On) del King Of Rock N’Roll per eccellenza Ronnie James Dio.
Viene la volta poi di Power Of Now, un heavy metal vivace con la solita giusta dose di melodia con cui volgere alla conclusione di questo nuovo disco.

Anche con Final Advent i Dynazty continuano a percorrere la giusta strada, mettendo a segno un altro lavoro riuscito come già fatto con Firesign e The Dark Delight. Una ricetta musicale che non si discosta dai suoi predecessori. Questo però non deve essere inteso come una sorta di staticità da parte della band. Al contrario è più corretto dire che i Dynazty hanno trovato un loro baricentro ed uno stile personale con cui poter rendersi riconoscibili.
A tal proposito è bene ricordare che il combo svedese non è comunque rimasto fossilizzato sulla stessa formula per tutta la sua carriera. Infatti già con Renatus del 2014 la band è passata dall’hard rock di matrice americana degli esordi ad un metal melodico di scuola nord europea dei lavori più recenti. E visti i risultati  possiamo dire che questa si è rivelata una scelta vincente tanto da auspicare che questo stato di grazia dei Dynazty persista ancora a lungo. Sinceramente speriamo che con questo nuovo lavoro la formazione scandinava riesca a raggiungere una maggiore fetta di pubblico e ad entrare nel giro delle band che contano.
Lo meritano e sarebbe un buon affare per tutti: tanto per i Dynazty quanto per i nuovi fans.

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