Recensione: Final Days

Di Manuel Gregorin - 29 Marzo 2021 - 18:21
Final Days
Band: Orden Ogan
Etichetta: AFM
Genere: Power 
Anno: 2021
Nazione:
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78

Tornano con un nuovo capitolo in studio i tedeschi Orden Ogan, una delle band più promettenti della scena power metal europea: attivi da 25 anni e con all’attivo sei album pubblicati (sette se si conta l’esordio “Testimonium AD” ormai talmente introvabile da non venir neanche contato nella discografia ufficiale) la formazione di Arndberg è stata spesso paragonata ai Blind Guardian complice, oltre a certe soluzioni musicali, anche il vocione ruvido del cantante e tastierista Sebastian Levermann, simile effettivamente a quello di Hansi Kursch.
Poco da spartire con la maggior parte delle sirene alla Kiske, insomma.

Previsto inizialmente per il 2020 e posticipato a marzo 2021 a causa dei disagi causati dall’emergenza Covid, con questo “Final Days” gli Orden Ogan allargano la formazione che passa da quattro a cinque elementi tramite l’assunzione del chitarrista Patrik Sperling per lasciare Levermann ad occuparsi esclusivamente del microfono. Mentre il mio “amico” Niels Loffer (quello che al concerto tenuto dalla band a Roncade mi “riprese” bonariamente per la mia scarsa partecipazione allo show…) passa alla chitarra lasciando il posto di bassista all’altra new entry Steven Wusson.
Un altro cambio sta nelle liriche affrontate dalla band in questa nuova opera in studio che abbandona le inedite (almeno in campo metal) ambientazioni western, per indirizzarsi su tematiche futuristico-fantascientifiche. In pratica cambiano gli argomenti ma la musica resta sempre la stessa, che nel caso degli Orden Ogan è una musica valida: ovvero un power metal dalle sfumature epiche con melodie di facile presa sulla scia dei pilastri del genere come Helloween, Running Wild oltre ai già citati Blind Guardian.

Presentatosi con una copertina non proprio eccellente se paragonata alle precedenti, il platter fortunatamente inizia bene con “Heart Of The Android“, un power dall’andamento ritmato ma non troppo veloce con delle riuscite melodie vocali che ben si intrecciano con le armonie di chitarra. Ancora meglio con la successiva “In The Dawn Of The AI“, pezzo in cui le ritmiche accelerano in uno scenario di matrice tipicamente power di grande coinvolgimento e dove la batteria sembra dare il ritmo per lanciarsi in un energico headbanging.
Si torna a moderare la velocità in favore dei mid tempo con le successive “Let The Fire Rain” ed “Inferno“; quest’ultima contraddistinta da delle sonorità molto immediate e di facile ascolto.

In questo “Final Days” si nota qua e là un utilizzo dei suoni di synth che senza essere troppo invadenti , vanno ad aggiungersi ai corposi riff di chitarra arricchendo i brani di un sapore futuristico che ben si sposa con gli argomenti trattati in questo nuovo lavoro

Proseguendo nell’ascolto si giunge così all’angolo degli special guest: “Interstellar“, pezzo veloce con la partecipazione del virtuoso Gus G. che grazie alla sua prestazione impreziosisce un brano accattivante con un ritornello coinvolgente ed un assolo da manuale.
La successiva “Alone In The Dark” è invece una ballad malinconica con degli echi sinfonici che vede Sebastian Levermann duettare assieme a Ylva Eriksson, talentuosa vocalist degli svedesi Brothers Of Metal. Congedati i graditi ospiti, gli Orden Ogan tornano a fare i padroni di casa con “Black Hole” un brano grintoso dall’andatura power dove, probabilmente grazie all’allargamento della formazione, il combo tedesco pare provare ad avventurarsi in passaggi di chitarra più elaborati.
Un intro “folkeggiante” invece ci introduce ad “Absolution For Our Final Days“, un brano discreto e caratterizzato da tempi medi, mentre si torna ad accelerare su “Hollow” una speed song dalle strutture ritmiche e cambi di tempo che ricordano i Blind Guardian più classici, con tanto di coretto nel ritornello.

Si giunge così alla conclusione con “It Is Over“, una cavalcata epica e malinconica di grande espressività che ricorda “Come With Me To The Over Side” presente sul precedente “Gunmen” che con i suoi sei minuti in crescendo ci accompagna all’epilogo di questo lavoro.
Si chiude così questo “Final Days“, album in cui gli Orden Ogan confermano quanto fatto con i capitoli precedenti per la felicità dei loro fans.

Gli Orden Ogan forse non risolleveranno le sorti del power metal, ma almeno consentiranno al genere di restare a galla con dignità. Probabilmente non basterà ancora ad insignirli del titolo di eredi dei Blind Guardian come auspicato da qualcuno, perché pur avendo molte similitudini con Hansi Kursch e soci gli Ogan preferiscono puntare su composizioni meno articolate e dalla più facile melodia rispetto ai loro più illustri connazionali.
Una formula sicuramente più prevedibile ma comunque efficace che ha permesso alla band tedesca di conquistarsi una certa notorietà ed attenzione da parte del grande pubblico.
Dopo tutto, squadra che vince non si cambia.

In buona sostanza se siete amanti dei Guardiani ciechi di Krefeld ma ritenete che i loro ultimi album presentino soluzioni troppo sofisticate e complesse (praticamente siano troppo incasinati!), gli Orden Ogan fanno di certo al caso vostro: nelle loro composizioni si respira un’immediatezza che i Blind Guardian hanno un po’ abbandonato negli ultimi anni.
Per farla breve, un disco piacevole per gli fans del genere!

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