Recensione: Fingernails [Reissue]
All’interno della storia dell’heavy metal italiano degli anni Ottanta, suddivisa in quattro puntate e pubblicata in altrettanti numeri della rivista Metal Maniac fra la fine del 2006 e l’inizio del 2007, così come segue scrissi la recensione di “Fingernails”, disco ufficiale d’esordio del combo HM facente riferimento al team principal Maurizio “Angus” Bidoli:
“L’omonimo dei romani Fingernails è il vinile che suona più Motorhead di un album degli stessi Motorhead di tutti gli anni Ottanta italiani. La band del mastermind Maurizio “Angus” Bidoli nel 1988 fa uscire un ellepì contenente una squadriglia di pezzi dalla violenza disarmante, con una produzione straight in your face che permette di gustare appieno l’attitudine del combo capitolino: pochi fronzoli, capelli lunghi e sporchi, un paio di Marshall da paura e via fino al termine! Ricordo che tale critica nostrana all’epoca liquidò questo vinile come derivativo, con poca inventiva e fregnacce del genere. Ebbene, come da sempre sostengo: nell’epic/power/classic/speed è rimasto ben poco da inventare, preferisco un disco con riferimenti più o meno chiari ad altre band ma che mi faccia sobbalzare sulla sedia piuttosto che un qualcosa di sperimentale che stravolge le regole e non regala emozioni positive. ‘Fingernails’ fu stroncato anche oltralpe per via di certi messaggi fin troppo espliciti delle lyrics: il pezzo ‘Crazy for Blow Jobs’ è sintomatico a riguardo… anche se all’estero più che altro ritengo si sia calcata la mano per il fatto che a scrivere certe cose fosse una HM band italiana e solo per quello. Adrenalina in questi solchi ce n’è a quintali, a partire da ‘Dirty Wheels’ fino ad arrivare a ‘Total Destruction’ passando per l’inno ‘HM Forces’ e la succitata ‘Crazy For Blow Jobs’. Se siete amanti di Motorhead, Exciter, Razor, Anvil e del metallo senza paillettes e lustrini questo è il disco che fa per voi”.
Da aggiungere, relativamente a questa reissue su Cd operata dalla label Despise the Sun Records, c’è poco: dalle note redatte dallo stesso Bidoli – sia in lingua italiana che in lingua inglese – all’interno del booklet accompagnatorio di sei pagine, con tutti i testi e qualche foto d’antan, si scopre che la fuoriuscita dalla formazione di Bomber Santoni avvenne poco prima di registrare “Fingernails” e le parti di basso furono suonate per intero da Chris Bianco dei Raff. Oltre a Bidoli alla chitarra e alla voce dietro i tamburi c’è Riccardo “Duracell” Lipparini, poi tragicamente scomparso in un incidente stradale avvenuto il 29 luglio del 1996.
Il Cd si completa con sette bonus track, che non scalfiscono di un millimetro il “tiro” del disco. Al di là degli estratti dal vivo, tutti ufficialmente inediti risalenti agli anni Ottanta e da prendere come testimonianze di un momento storico, vista la pochezza della qualità delle registrazioni – una costante dell’epoca – assumono particolare interesse i due pezzi da studio addirittura precedenti al debutto oggetto della recensione, ossia Acid: Shadow of the Blade, tratto dalla compilation Lethal Noise del 1988 e Magic Lady Ass, un outtake della stessa raccolta curata dalla Amtal Blade, entrambi con Marco “Bomber” Santoni ancora in formazione ad occuparsi delle parti di basso e delle backing vocal.
Commovente la bella foto di Ricky Duracell alloggiata al di sotto della custodia trasparente in plastica del Cd fisico, con sotto la scritta “R.i.p. 1966 – 1996”. Un doveroso omaggio a un grande che ha contribuito a costruire le sorti dell’HM italiano.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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La copertina della compilation curata dalla Amtal Blade, 1988
HM SPQR anni Ottanta: Duracell, Bomber e Angus