Recensione: Fire And Water
Chiunque volesse tentare di illustrare brevemente ad un neofita le origini e la successiva evoluzione del movimento hard ‘n’ heavy e di tutte le correnti ad esso collegate, non potrebbe fare a meno di citare quei 10-15 capolavori che hanno contribuito in maniera determinante a definire i canoni di un genere tutt’ora in voga, pur con gli ovvi “aggiornamenti” in termini di sound ed influenze.
I nomi in gioco sono ormai avvolti da un’aura a dir poco leggendaria: dai Led Zeppelin, con il poker d’assi calato tra il 1969 e il 1971, ai Deep Purple con i vari “In Rock”, “Machine Head” e “Burn”, passando per la triade d’esordio targata Black Sabbath o ancora per i seminali lavori di gente come Cream, Hawkwind e pochi altri pionieri dell’hard blues e della psichedelia.
Accanto a gruppi e lavori di tale importanza sarebbe scorretto e ingeneroso evitare di menzionare il contributo dei Free, band londinese attiva sin dal 1968 e in grado di ritagliarsi una posizione di rilievo tra i gruppi britannici coevi grazie ad una proposta collaudata che vedeva i propri punti di forza nelle già ragguardevoli doti vocali di un giovanissimo Paul Rodgers e nel guitar work, essenziale ma di grande efficacia, dello sfortunato Paul Kossoff, autore di alcuni riff degni di essere mandati a memoria accanto a quelli di veri e propri guru della sei corde come Angus Young, Jimmy Page o Tony Iommi.
I due leader, con la collaborazione di Andy Fraser e Simon Kirke, rispettivamente basso e batteria della prima formazione, sfornarono nel 1970 “Fire And Water”, un album che si fece notare per i grandi numeri in termini di vendite e per almeno tre hit-singles storiche divenute nel corso degli anni la testimonianza più evidente dello status raggiunto dalla formazione inglese.
In effetti, in che altro modo si potrebbero definire, se non “storici”, il riff di “Fire And Water” con i suoi preponderanti echi blues, il verseggiare sofferto di Paul Rodgers al microfono e, ancora, il mirabile crescendo di batteria nel finale? Le successive “Oh I Wept” e “Remember” palesano la chiarissima derivazione sixties del sound dei Free, la prima un lento costruito sul dialogo tra un tema vocale sommesso e tormentato e il delicato tappeto strumentale sublimemente intessuto da Kossoff e compagni, la seconda un rock blues più robusto animato dalla prestazione sopra le righe di un grande Paul Rodgers. “Heavy Load” si rivela una ballata triste e malinconica scandita da pochi accordi di pianoforte e dall’accompagnamento minimale di Paul Kossoff, ma è con la superba “Mr. Big”, il suo riff pachidermico e il vibrante rincorrersi di basso e chitarra a metà tempo che l’hard rock torna a volare alto e imprendibile.
La chiusura di questo grande album è affidata ad altre due perle del calibro di “Don’t Say You Love Me”, una dolcissima ballata bluesy sulle tracce dei Beatles di “Don’t Let Me Down” con in più la voce sofferta di Paul Rodgers a strappare sentiti applausi e infine la ormai mitica “All Right Now”, ideale paradigma di brano hard rock tipicamente anni ’70: melodia cantabile a presa rapida, chitarre arrembanti e un riff ritmato e incalzante che ha contribuito a scolpire il nome dei Free nella storia del rock duro.
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Line Up:
Paul Rodgers Voce
Paul Kossoff Chitarre
Andy Fraser Basso
Simon Kirke Batteria
Tracklist:
01 Fire And Water
02 Oh I Wept
03 Remember
04 Heavy Load
05 Mr. Big
06 Don’t Say You Love Me
07 All Right Now