Recensione: Fire Flight
“Fire Flight” è l’opera prima degli Stratosphere, una nuova band scandinava affidatasi per il proprio debutto all’egida di Escape Records.
Mastermind del progetto è il tastierista Jeppe Lund, il quale ha raccolto intorno a sé Goran Edman (Kharma, Vindictiv, Malmsteen) alla voce e Jonas Larden alle asce, provvedendo poi a rafforzare il combo con una robusta sezione ritmica costituita da Jim McCarty (batteria) e Anders Borre Mathieson (basso).
L’obiettivo degli Stratosphere è di mescolare melodic e progressive, tenendo insieme l’impasto sonoro con robuste iniezioni di influenze neo-classiche e guarnendo il tutto con abbondanti spruzzate di power metal e di roboanti virtuosismi strumentali.
Il risultato finale è quello di avvicinare il sound di Jeppe Lund e soci, tra l’altro, al pomp-rock di marca sicuramente statunitense di band storiche come Kansas e Styx, non allontanandosi però più di tanto dai suoni di Stratovarius e simili, ed omaggiando apertamente il Malmsteen al quale Goran Edman presta la sua voce.
Esempio lampante di ciò è l’opener “Russian Roulette”, traccia aperta da una tipica intro di tastiere di estrazione prog, per poi svilupparsi in un marziale incedere in cui influenze di melodic metal europeo e arzigogoli di chitarre si fondono con un’ispirazione di matrice Kansas.
La formula si ripete in “The Battle Within”, contraddistinta da un epico gioco di botta e risposta tra basso, chitarra e tastiere, in cui riveste un ruolo di non trascurabile consistenza l’eco di certi Rainbow, sebbene l’influenza principale ci appaia quella di Stratovarius e Gamma Ray.
Altrove (“VIP”) s’intravede dietro l’angolo l’ombra dei Dream Theater, in una track che inizia come una ballad guitar-leaded, per trasformarsi in un prog-metal sinfonico e travolgente, al quale danno respiro ampi sprazzi di melodia a vele spiegate.
Quando gli Stratosphere toccano le corde della ballata, come nella solenne “Enemy of My Soul”, infiorata di influenze folk e classicheggianti, o ancora nel qualificato esempio di melodic-rock dal titolo “Streets of Moscow” e nella strappacuore “Princess Of The Night”, ecco spuntare invece le marcate influenze degli Styx, con tracce di Survivor, Pride Of Lions e Europe, e qualche deriva easy listening di troppo.
Gran parte degli influssi sopra citati convergono poi nel pregevolissimo melodic hard-rock, vagamente orientaleggiante, chiamato “China Girl”, nel quale apprezziamo la performance dell’axeman Jonas Larden.
“Rendezvous” e “Fire Flight”, infine, sono pane per i denti di chi ama le acrobazie strumentali di Malmsteen e del Ritchie Blackmore più classicheggiante (e magari risulteranno indigeste per chi di solito se ne tiene il più lontano possibile).
“Fire Flight” ci si offre dunque come un CD fresco, gradevole, ben suonato, che sazierà certamente la fame di chi ama suoni magniloquenti e pomposi ornati di roboanti virtuosismi strumentali; a tratti risulta però eccessivamente eterogeneo e frammentato stilisticamente, anche in considerazione degli evidenti riferimenti stilistici, dai quali gli Stratosphere dovranno affrancarsi se vorranno confermare in futuro quanto di positivo questa loro prima release fa intuire.
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Tracklist:
01 Russian Summer
02 The Battle Within
03 Enemy Of my Soul
04 Street Of Moscow
05 Rendezvous
06 Shining Star
07 China Girl
08 Princess Of The Night
09 VIP
10 Fire Flight
Line Up:
Goran Edman – Voce
Jonas Larsen – Chitarre
Jim McCarty – Batteria
Anders Borre Mathiesen – Basso
Jeppe Lund – Tastiere