Recensione: Fire Garden
Genio ma non sregolatezza. Questi sono due degli aggettivi che si possono attribuire a Steve Vai, senza ombra di dubbio uno dei migliori chitarristi attualmente in circolazione (se non il numero uno), e altrettanto certamente uno dei massimi interpreti del ruolo nella scena rock. Tutte le produzioni che lo hanno visto protagonista, solista o non, hanno dato pieno titolo a questo personaggio oggi considerato da moltissimi una icona, e questo Fire
Garden non fa eccezione. Uscito nel 1996 sotto la Epic, Fire Garden conferma tutto ciò che ci si può aspettare da un disco di Vai, ovvero grandi melodie, eccellenti composizioni, brio.
Ma andiamo un pò più nel dettaglio. L’album, che ci si presenta subito con un artwork che potete ammirare in alto a destra e che secondo me è tutto un programma, per tratto e temi, dicevo l’album è molto lungo (oltre i 74 minuti), e si divide in due parti abbastanza ben definite tra di loro. Se infatti “Phase 1” (la prima parte) è praticamente del tutto strumentale, in “Phase 2” Steve continua sempre a essere, ovviamente, l’elemento trainante, ma non più solo con la chitarra, ma anche dal punto di vista delle liriche, che
completano un lavoro che altrimenti sarebbe potuto risultare noioso ai più, con un ora e un quarto di sola musica e senza uno straccio di cantato. Le song sono in tutto 18 (9 per ogni fase), e sono tutte piuttosto corpose, salvo le classiche track che fungono solo da intro, che comunque sono davvero poche.
In “Phase 1” è inutile fare discorsi sulla tecnica predominante utilizzata, perchè potrei perderci davvero pagine e pagine. Steve ci delizia in maniera più che ottimale con tutto il repertorio chitarristico di cui è capace, passiamo quindi attraverso una sfuriata di scale, assoli e numerose altre sequenze di pura melodia e tecnica cristallina. Un punto enormemente a favore del lavoro è che all’interno dei brani non vengono giustamente quasi mai ripetuti gli stessi passaggi, il che avrebbe causato un effetto deleterio sotto il profilo della godibilità e dell’originalità. Di “phase 1” i pezzi proposti sono davvero tutti eccellenti, ed è da sentire più e più volte “There’s a fire in the House”, veloce e davvero di atmosfera sibillina, atmosfera che viene a dir poco esaltata dagli effetti sonori utilizzati assieme alla chitarra. Altre tracce fondamentali sono “The Crying Machine”, canzone composta ed eseguita in maniera eccezionale, “Blowfish”, che sprigiona grinta da tutti i pori, “Hand on Heart”, lenta e dolcissima, da sentire davvero ad occhi chiusi con una mano sul cuore, e la devastante “Fire Garden Suite”, un concentrato di tutto quello che l’album racchiude, una gemma di musica da conservare gelosamente.
Passiamo ora da “Phase 1” a “Phase 2”. Il discorso non cambia di granchè rispetto a prima, va solo aggiunto che la voce di Vai è discreta (ottime le backing vocals), i pezzi sono meno furoreggianti ma lo stesso avvolgenti nella loro completezza e precisione, e le liriche sono davvero belle, spazianti in più temi che racchiudono una vasta gamma di emozioni. Da segnalare sono sicuramente l’eccellente “All About Eve”, la briosa “Aching Hunger” e la psichedelica “Damn You”, ma in generale tutti i pezzi sono davvero di rilievo, come lecito aspettarsi da un chitarrista che ha fatto la storia.
Finita l’analisi un’ultima considerazione sui compagni di Steve Vai presenti in questo disco. Non sempre lavorare con un musicista eccezionale può risultare facile, anzi spesso è davvero un compito improbo perchè bisogna elevare il proprio livello per avvicinare quello del musicista eccezionale stesso. Lode quindi ai batteristi (Chris Frazier, Greg Bissonette, Deen Castronovo, Mike Mangini, Robin Dimaggio), ai bassisti (John Avila, Fabrizio Gossi) al tastierista Will Riley, a tutte le voci utilizzate, perchè
hanno davvero svolto con perizia e gran successo (almeno secondo me), il loro compito musicale.
Ho finito, manca solo il giudizio complessivo. Probabilmente Fire Garden non è il miglior album di Steve Vai, anche se non mi sento di eleggere un migliore, ma rimane un must per ogni appassionato di chitarra. Qui si
possono infatti vedere tantissimi elementi legati allo strumento, elementi e trame creati, eseguiti ed esaltati da un vera e propria, come già detto, icona della materia, che da anni e anni non sbaglia davvero un colpo.
Riccardo “Abbadon” Mezzera
Tracklist :
Phase 1 :
1)There’s a fire in the house
2)The Crying machine
3)Dyin’ Day
4)Whookam
5)Blowfish
6)The Mysterius Murder of Christian Tiera’s lover
7)Hand on Heart
8)Bangkok
9)Fire Garden Suite
Phase 2 :
10)Deepness
11)Little Alligator
12)All About Eve
13)Aching Hunger
14)Brother
15)Damn You
16)When i was a little boy
17)Genocide
18)Warm Regards