Recensione: Firefly
“Firefly” risulta essere Il primo album degli Uriah Heep con John Lawton (ex Lucifer’s friend) alla voce. Si capisce subito che il compito del nuovo vocalist è assai gravoso in quanto non deve far rimpiangere il grandissimo e sfortunato David Byron (che morirà per droga agli inizi degli anni ’80). Inoltre anche il virtuoso bassista John Wetton (prima con i King Crimson, poi andrà con gli Asia negli ’80) fu rimpiazzato dall’altrettanto valido Trevor Bolder (ex Spider’s from Mars di David Bowie). La nuova line up così rinnovata è autrice a mio modo di vedere di uno dei migliori album della discografia degli Heep.
Ogni canzone è un piccolo gioiellino melodico e la voce di Lawton risulta essere un’arma vincente, in quanto dona potenza e freschezza alle canzoni, interpretandole con una intensità e passione davvero commoventi. Da sottolineare è il songwriting di Hensley alle tastiere/chitarre, infatti di questo disco rimangono impresse soprattutto le melodie, di una dolcezza rara. Come sempre la prova fornita da Mick Box alla chitarra elettrica e Lee Kerslake alla batteria è eccellente.
L’opener “The hanging tree” viene introdotta da affascinanti suoni synth che ben presto lasciano spazio alla chitarra di Box, la cui peculiarità è sempre stata quella di cementarsi con tutti gli altri strumenti in unico “wall of sound”, e si capisce subito che anche su questo disco, come per la maggior parte dei lavori degli Heep, non troveremo mai la chitarra troppo in evidenza; la canzone comunque si può apprezzare soprattutto per il refrain melodico centrale.
La seconda “been away too long” è secondo me, uno dei pezzi migliori dell’album, in cui riecheggia a tratti un certo Pomp rock alla Kansas, con tutto quello che ne deriva, ovvero magnificenza, potenza e armonia. “Who needs me” è il primo dei due brani più tipicamente rock’n’roll di facile presa dell’album, stupisce la “facilità” di esecuzione, soprattutto in certi passaggi tecnici, della sezione ritmica Bolder/Kerslake, non per niente fanno ancora parte della line up attuale. Con “Wise Man” stiamo di fronte ad una splendida ballad, magistralmente cantata da Lawton, autore nel finale di superbi vocalizzi.
Il secondo lato dell’album si apre con “Do you know”, anche qui la band si cimenta con un hard rock veloce, ottimi i cori di Hensley che fan da eco alla voce portante di Lawton nel ritornello. “Rollin on” è una song atipica per gli Uriah Heep, si notano infatti le influenze funky e fusion tipiche della fine degli anni 70 che caratterizzeranno anche i successivi “Innocent victim” e Fallen Angel”.
Dopo “Sympathy”, una song discreta, giunge il vero capolavoro del disco, ovvero la titletrack “Firefly”, un vero e proprio monumento all’hard rock progressivo, rimane sugli scudi la grande melodia che accompagna il pezzo e che risulta essere una delle più belle composte da Hensley.
Possiamo dire che siamo di fronte ad un ottimo disco che sicuramente all’epoca fece un po’ storcere il naso alla maggioranza dei fans del gruppo per la mancanza di Byron e di Wetton, ma secondo il mio parere questo è una delle migliori prove in assoluto del combo inglese, certo “Innocent victim” e “Fallen angel” non saranno dei capolavori (anche se apprezzo notevolmente entrambi) ma questo “Firefly” va giusto giusto diretto al cuore.