Recensione: Firesoul
Ormai è risaputo, quando si parla di power metal non c’è Paese che ne esporti quanto la Germania.
Nel 1987, con il primo “Keeper of The Seven Keys”, gli Helloween hanno dato il via a un movimento che ancora oggi conta numerosi seguaci e band acclamate in tutto il mondo. Ma ogni medaglia ha il suo rovescio: se da un lato negli ultimi anni il power ha visto crescere la sua popolarità e le band ad esso dedite sono spuntate fuori come funghi, dall’altro la freschezza delle proposte musicali è andata via via scemando e questo vale sia per le nuove leve sia, ahimè, per realtà granitiche come i Brainstorm che, nonostante i venticinque anni di onoratissima carriera, con la loro ultima uscita lasciano un po’ il tempo che trovano.
Procediamo con ordine e cerchiamo di capire cosa abbiamo tra le mani.
“Firesoul” è in linea di massima un buon disco, dal sound massiccio, affilato e battente, perfettamente inquadrato nel contesto power teutonico ma povero di equilibrio nei contenuti.
“Erased By The Dark” è una partenza che convince, resa solenne dal ritmo marziale e arricchita da un refrain molto orecchiabile e immediato, non può non catturare l’attenzione dell’ascoltatore. Ed ecco che arriva la prima delusione: ci si aspetta che la titletrack sia il brano più emblematico della lista, la sintesi dell’intera opera, ma non è questo il caso di “Firesoul”, che forse è davvero il pezzo meno interessante di tutti e in piena onestà entra da un orecchio ed esce immediatamente dall’altro.
Ma la curva gaussiana di chi ascolta impenna rapidamente, perché le tre tracce a seguire sono le migliori: “Descendants Of The Fire” è rapida e drammatica, mentre altrettanto galoppanti e incisive sono le parti vocali di un Andy B. Franck infervorato e aggressivo. “Entering Solitude” potrebbe essere facilmente scambiata per un brano dei Gamma Ray di “To The Metal”: accattivante e catchy, vanta un assolo davvero pregevole. A concludere questa terna fortunata c’è “Recall The Real”, che mantiene ben salda la presa sull’ascoltatore catturandone l’attenzione con un intro dal retrogusto gregoriano che conferisce alla traccia un sentore epico nella sua semplicità. Abbiamo inoltre la conferma che la voce di Franck dia il meglio di sé con un registro più basso.
La discesa però è dietro l’angolo: le tracce successive sono canonici pezzi power, aggressivi e veloci, sicuramente gradevoli, forse un po’ troppo anonimi. “Feed Me Lies” risolleva un tantino l’andamento con lo stesso respiro epico infuso in “Recall The Real” abbinato a melodie solenni e una doppia cassa martellante. A seguito della bypassabile “What Grows Inside” troviamo “The Chosen”, energica e dinamica, molto godibile nonostante la prestazione vocale non sia proprio impeccabile, dato che la potenza di Franck diminuisce – giustamente – con una certa drasticità nei picchi maggiori, creando un leggero squilibrio nella resa.
In chiusura c’è l’eccellente “… And I Wonder”, che non fa altro che confermare quanto detto in precedenza: quando le parti vocali di Franck puntano in basso viene fuori qualcosa di decisamente buono.
In soldoni, “Firesoul” è un buon album, con ottimi contenuti che gli amanti del genere non potranno non apprezzare. Si avverte però la mancanza di un’evoluzione sonora e di quel certo je ne sais quoi, quella connessione tra i brani che spinge all’ascolto integrale e alla comprensione globale del lavoro. Confidiamo però che, con un quarto di secolo di esperienza sulle spalle, i Brainstorm sapranno tornare a stupirci al prossimo giro di boa…
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