Recensione: First Daze Here Too
I Pentagram non li conosceranno certo in pochi. Formatisi nei lontani anni 70 il gruppo di Bobby Liebling non ha mai ottenuto un successo ed un seguito pari a quello che potevano vantare i “cugini” musicali Black Sabbath. Il mancato successo dei Pentagram sicuramente fu da imputare anche alla instabilità della band stessa che portò al cambio di nome addirittura 4 negli anni 70 (fino a stabilizzarsi, finalmente, su Pentagram). Una discografia, per giunta, disordinata e scomposta priva di una strada musicale stabile ha contribuito, probabilmente, all’eclissarsi di questo valido gruppo. I Pentagram tuttavia si sono riscattati, in seguito, affermandosi addirittura come un’ottima realtà Doom Rock nei tardi anni 80, ma questa è un’altra storia.
Nati nel 1971 non riuscirono a pubblicare mezzo disco durante tutto l’arco degli anni 70 pur avendo composto un numero congruo di componimenti di notevole valore artstico. Questa raccolta giunge unicamente e solo per i fans e riesce nell’arduo compito di raccogliere tutto quel materiale sparso nei meandri di tutti gli anni 70 scritto, suonato e mai pubblicato dal gruppo americano. Un lavoro di recupero davvero meticoloso ed interessante che rende disponibile, per tutti, una raccolta di brani prevalentemente inediti o di difficilissima reperibilità. Questa raccolta, intitolata “First daze here too”, precede una prima raccolta intitolata “First daze here” già pubblicata nel 2002 e la completa.
Il disco 1 contiene molti classici della band come Smokescreen dalla qualità audio decente e di buona fattura mentre nel disco 2 possiamo trovare una raccolta di numerosissimi brani provenienti dalle sale prove, studi di registrazione ed altro mai apparsi ufficialmente in nessun Pentagram album. Inoltre i brani che vanno da “Virgin Death” a “Frustation” avrebbero dovuto essere inclusi addirittura in un ipotetico first album del gruppo e mai, ovviamente, pubblicato. La qualità di registrazione, in particolare dei brani presenti nel disco 2, è molto scarsa ed i singoli pezzi mostrano una band dedita ad una musica ancora non propriamente doom/dark come quella cui molti fans sono abituati. Un hard rock seventies dalle lontane reminescenze blues fa spesso capolino durante lo scorrere di tutte tracks, che, in verità, risultano nel complesso alquanto noiose e prive di mordente.
Tuttavia ci resta tra le mani una doppia raccolta di importante valore storico di una band che storicamente, purtroppo, non ha mai contato molto. Un disco solo ed unicamente destinato ai fans dei Pentagram ed a chi volesse scoprire le remote origini musicali di un gruppo valido ed interessante.
Vincenzo Ferrara