Recensione: Fjelltronen
Colgo l’occasione di parlare di questo gruppo norvegese particolarissimo di nome Wongraven in occasione della ristampa del loro primo, peculiare CD, Fjelltronen. Pochi conosceranno questa band, e ancor meno probabilmente avranno sentito questo album che è risultato finale di una lunghissima registrazione e ideazione, iniziata nel 1992 e terminata con la stampa nel 1995. Parlando di un album la cui concezione risale a ben 12 anni fa, dunque, al tempo in cui fu iniziato da Satyr dei Satyricon, non si può non parlare di precursori, o in un certo senso di figli di un tempo in cui il metal nordico più puro lasciava spazio a sperimentazioni che trascendevano l’uso dei normali strumenti.
L’album infatti non è propriamente metal, ma è ciò che i Wongraven stessi chiamano “Pure Northern Medieval Atmosphere Music”. Per tutta la sua durata di 30 minuti circa, assistiamo a scambi continui di sintetizzatori, pianoforti “reali” e percussioni (principalmente timpani e rullanti), in un contesto atmosferico di grande profondità, che in più di una occasione non può non ricordare lavori di Burzum o Mortiis, o i Pazuzu. La prima traccia, di ben 16 minuti e 33 secondi, trasporta l’ascoltatore in una specie di atmosfera lugubre e tenebrosa, dove le voci di entrambi i componenti della band, Ihshan (dagli Emperor) e Hans K. K. Sørensen, cantano con voce piena e corale dei testi immersi in foreste tenebrose e paludi macabre, immerse nella notte, mentre il rumore del vento e l’ululato dei lupi imperversano in quella che a tutti gli effetti è un’atmosfera nordica, glaciale. Non nego che con il senno di poi quest’album non mantiene esattamente lo stesso valore che poteva avere una decade fa: purtroppo sa già di sentito, anche se in realtà è uno dei primi esperimenti quasi “ambient” di questo tipo. Non nego di non essere personalmente attratto da questo genere di musica, ma possedevo questo CD fin da prima della ristampa, e non mi è mai dispiaciuto risentirlo una volta ogni tanto, proprio in virtù delle emozioni che a riesce a evocare. Di certo non è prodotto da headbanging, ma la sapienza dei cori e dei piccoli strumenti inseriti qua e là indicano un gusto personale della band ben sviluppato.
Interessante la seconda parte, che riprende la prima sotto un pianoforte ben scandito e un coro che segue esattamente le tonali del pianoforte, rendendolo da ridicolo a evocativo a seconda della prediposizione metale dell’ascoltatore. Giunge quindi la terza parte, la mia preferita, che inizia con la sintesi di uno strumento che potrebbe anche sembrare una cornamusa, e che riporta alla mente scenari non solo prettamente scandinavi, ma anche scozzesi, da Highlands, e anche irlandesi mentre la grande atmosfera di questo minuto e 24 cede il passo a un povero Munnharpe che scaccia un vento impetuoso circondato da lupi e da urli quasi da banshee. Riprende quindi la grande atmosfera corale con la quarta parte, altri otto minuti di musica skaldica lenta, a tratti angosciosa, vagamente doom-folk, che mi dà sempre l’idea che se gli Skaldi giravano mille anni fa per le case dei contadini scandinavi a raccontare le leggende, probabilmente questa sarebbe una colonna sonora più che adatta, anche se ripetitiva… ma basta pensare che i canti scaldici erano gonfi di ripetizioni, probabilmente questo genere di musica ha il suo perchè anche storico. Termina il tutto con la quinta canzone, la title track, che forse manifesta un po’ più di corposità e varietà, in 3 minuti e 21 secondi nei quali un coro molto articolato canta il termine e la scoperta di un fantomatico mondo leggendario al di là della realtà, tra tuoni e tamburi… finché negli ultimi cinque secondi suona una campana, e una voce arcigna recita un anatema al contrario, tratto da un certo “Crossing the Triangle of Flames”.
Che dire, il project è il solito side pieno di gente che ha fatto la storia del black scandinavo, ed è una di quelle cose che per i cultori del genere è difficile lasciarsi sfuggire. È atmosferico e in un certo senso grandioso di suo, ma deve piacere la musica atmosferica, deve piacere un concept tipicamente nordico, deve piacere questo genere di “wave” molto sintetizzato. La Moonfog è piena di bei side project come gli Isengard ed è una casa specializzata in questo genere molto nordico. Purtroppo il CD è quello che è, non sono canzoni, solo atmosfera, indotta anche dal grande artwork di Kittelsen in copertina e sul retro. C’è a chi piacciono da morire queste cose, io non sono uno di quelle persone ma certe atmosfere, specie per chi apprezza il grande nord, sono impareggiabili. Un progetto vecchio, quasi precursore, creato da nomi storici. Può risultare noioso per molti, quindi occhio all’acquisto. È un prodotto molto settoriale.
P.S. non essendoci un genere applicabile ho preferito quello più “simile” anche se c’entra poco. La copertina inserita è quella dell’album originale, la ristampa ha la scritta in basso al centro.
TRACKLIST:
Del I: Det var en gang et menneske
Del II: Over ødemark
Del III: Opp under fjellet toner en sang
Del IV: Tiden er en stenlagt grav
Del V: Fra Fjelltronen