Recensione: Flashback

Di Andrea Bacigalupo - 14 Novembre 2023 - 8:30

Se dovessi elencare quali sono i musicisti che, secondo me, meglio rappresentano la scena Heavy Metal underground in Italia il chitarrista Zac Vanders sarebbe tra i primi 10. True Metal 100% per 24 ore al giorno, tanto quanto Rob Halford e Lemmy.

Ed è per questo motivo che mi è scattata un’insana curiosità quando ho saputo del suo nuovo lavoro, prodotto assieme all’amico e tastierista Macho De La Isla sotto il nome di Trip On e riguardante un EP di musica ambient strumentale dove l’atmosfera ha quasi più importanza del ritmo.

Ci sono canzoni Heavy Metal che sviluppano atmosfere incredibili, così, su due piedi e mentre scrivo, mi vengono in mente: quella surreale di ‘Veteran of the Psychic Wars’ dei Blue Öyster Cult o quella più spettrale di ‘The Rime of the Ancient Mariner’ degli Iron Maiden, ma, più abituato a quella generata dai vapori di benzina che s’incendiano appena si accendono gli amplificatori, mi sono avvicinato a questo nuovo mini album, dal titolo ‘Flashback’, con una qual certa circospezione, soprattutto dopo aver letto che è indirizzato verso strumentalità profonde e introspettive e melodie morbide.

Il lavoro è composto da quattro pezzi energici ed al contempo melodici, strutturati per dare l’idea della colonna sonora di un film intesa come il suo tema portante, tipo ‘Stars Wars’ di John Williams, per intenderci, e non come le singole canzoni, il più delle volte già conosciute, che vengono inserite per aumentare l’impatto di una scena (vedi ‘Flash of the Blade’ degli Iron Maiden in ‘Phenomena’ di Dario Argento, ad esempio).

Sono tracce di ampio respiro, dove chitarra ed orchestrazioni si rincorrono e si compenetrano senza mai sovrastarsi per creare atmosfere ariose, dinamicamente cangianti e cariche di luce che danno, soprattutto, la sensazione di positivo anche se, in certi momenti, si avverte una certa tristezza (manifestata, soprattutto, attraverso le note di un violino).

Tornando al discorso del film, a seconda del tiro dei pezzi, si percepiscono azione e movimento (‘No One Can Stop Me’) ma anche l’alternarsi di sentimenti romantici e malinconici (‘Magic Hug’), la forza nell’affrontare le proprie situazioni (‘Flashback’), la fatica del viaggio, la paura dell’ignoto ma anche la soddisfazione e la serenità nell’aver raggiunto la meta (‘Via col Vento’).

Tecnicamente il lavoro è sofisticato, strutturato come una sinfonia sinuosa e senza spigoli, ma mai virtuoso. I Trip On non cadono nella trappola verso la quale, a volte, il pezzo strumentale conduce: non ci sono esercizi tecnici o lunghi assoli complicati che tendono a mettere in evidenza il singolo in ‘Flashback’, al contrario è tutto un lavoro di squadra del duo e degli amici che hanno collaborato (gli Shockin‘ Head, Simone Merlenghi dei Nebulae, Andy Senis, Jack T.B. e Sergio Caputo) che ha portato all’esecuzione di brani completi e coinvolgenti.

Insomma, tirando le somme, un esperimento riuscito, apprezzabile anche per la ricerca di una qual certa originalità.

Sono sincero: non so quale potrebbe essere la resa di un lavoro di questa struttura ma più lungo, un Full-Length diciamo. A questo punto, Trip On, lancio la sfida …

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