Recensione: Flood To Euthanasia
Brutalità, brutalità e ancora brutalità!
Non ci vanno tanto per il sottile, gli Unconventional Disruption, che, con un album lungo appena mezz’ora, fanno davvero male al sistema uditivo anche dei più allenati e smaliziati brutal deathster.
“Flood To Euthanasia” è a dire il vero un’Opera Prima, frutto di un cammino iniziato a Milano nel 2007 che ha avuto come test propedeutico soltanto un demo nel 2009 (“In A Life Of Death To Nothing”). Nonostante quest’apparente poca dimestichezza con l’industria manifatturiera discografica, il disco ‘suona perfetto’ (registrazione presso i ChaosandOrder Studio e Inverno Studio, missaggio e masterizzazione ai Domination Studio); non lasciando mai intravedere il minimo segno di debolezza in una determinazione agghiacciante. Sì, agghiacciante; poiché gli Unconventional Disruption alzano al massimo livello possibile (almeno rimanendo in tema di… esseri umani) la pressione sonora che un gruppo di cinque persone riesce a originare dai propri strumenti.
Dato atto che il motto dei Nostri è «bring to the masses musical violence», va da sé che è totalmente inutile aspettarsi, in “Flood To Euthanasia”, qualcosa di diverso da un mortale, devastante attacco all’arma bianca atto a mietere più vittime possibili. Un’aggressione perpetrata con il death metal, versione brutal, nel quale – tuttavia – l’elemento maggiormente di spicco non è l’esagerazione dei BPM (anche se non mancano le bordate dei blast-beats) quanto la parossistica ricerca di aspra crudezza e di massiccia pesantezza. Assolutamente bandita la melodia, in qualunque forma si possa manifestare, la formazione lombarda piazza le radici sulla tremenda prestazione vocale di Gory, capace di sfondare le membrane timpaniche sia con un growling rabbioso e crudele, sia con sferzate d’inhale folli e scellerate. Non solo, ovviamente. Le chitarre montano un opprimente, tetro, monumentale muro di suono che, assieme al basso e soprattutto alla batteria, non lasciano scampo a nessuno per via di una dolorosa, prolungata esaltazione della disarmonia. Un amore per i disaccordi che porta il combo italiano a somigliare, in alcuni passaggi, agli Slipknot nei loro tratti più metal e… ‘inascoltabili’ (“Don’t Be Afraid To Kill A Dead Man”). Ad alimentare la scabrezza di una proposta lacerante, inoltre, ci pensa un approccio complessivamente ‘meccanico’ alla questione, tipo cyber/industrial (“Getsemani’s Shadows”), giusto per rendere la pietanza più indigesta possibile.
È chiaro, a questo punto, che “Flood To Euthanasia” mette a dura prova i palati anche più robusti e refrattari al calore, dirigendosi con decisione verso un pubblico adulto e aduso al death iper-estremo. Brani come “Insect’s Grin” (cui partecipa Andy, vocalist dei torinesi Corroosion) rappresentano pareti ardue da scalare per chiunque, piene come sono di cambi di tempo, asfittiche accelerazioni, dolorose dissonanze, strazianti guitar-solo, gorgoglii e continue iterazioni ritmiche. Forse ‘troppo’ ardue, a ben vedere. L’astrusità compositiva del lavoro (più che di quella esecutiva: davvero competenti, Gory e compagni…), rende il medesimo preda dell’acido lattico che si sviluppa nelle fibre dei muscoli timpanici.
Assieme a una rigidezza eccessiva degli schemi delle song – difficili da distinguere fra loro anche dopo parecchi ascolti – , quanto sopra non consente a “Flood To Euthanasia” di decollare come dovrebbe. Passata la sorpresa derivante dalla constatazione di come e quanto gli Unconventional Disruption pestino duro, alla fine non rimane tantissimo, in mano.
Bravi comunque!
Daniele “dani66” D’Adamo
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