Recensione: Flowerfield Melodies
Cosa c’è di meglio che mischiare il metalcore con la musica popolare della propria terra? Presumibilmente, niente!
Così devono averla pensata gli austriaci TuXedo nel regalare al proprio metallo i suoni dei campanacci da mucca e della polka, per regalare al secondo full-length in carriera, “Flowerfield Melodies”, un suono oltre che moderno, pure piuttosto originale. Una carriera ormai decennale, che annovera nello scaffale dei trofei un altro full-length, “Fight” (2010), un EP (“Schizophrenia”, 2008) e un demo (“Demo 2006”, 2006), e che mostra una band perfettamente in grado di tenere la scena ai più alti livelli, come può esigere un contratto discografico con una major come la Massacre Records.
Del resto, i Nostri sono stati davvero accorti nel contaminare il metalcore con il folk, operazione mai facile quando si tratta di mettere assieme culture e idee così difformi. Una pensata vincente, poiché “Flowerfield Melodies” possiede un gusto del tutto particolare che non si sarebbe mai ottenuto lasciando la componente metallica… da sola.
Una componente metallica tosta e massiccia. Trascinante, possente, demolitrice. Il metalcore del combo di Braunau am Inn è difatti lungi da contenere al suo interno quei dettagli che tanto piacciono ai ‘metallari per caso’. A parte la melodia, poco presente e comunque mai sovraesposta sì da dover acchiappare più pubblico possibile, i TuXedo pestano duro come dei fabbri. Dalle scorticanti vocals di Michael Tiefenthaler e Christoph Kiebe, aspre e cattive, al formidabile lavoro delle chitarre dello stesso Tiefenthaler e di Jakob Schreimoser, che si sovrappongono e si dividono i compiti in maniera impeccabile, passando per il rutilante basso di Reinhard Seifriedsberger sino al drumming potente e vario di Christopher Till; tutto è assemblato con cura per spaccare la schiena, fra i muggiti e i grugniti provenienti dalle verdi montagne dell’Alta Austria. Peraltro, il DNA del quintetto è ricchissimo di monomeri hardcore, facilmente rilevabili nei reiterati, travolgenti e anthemici cori che dipingono lo sfondo dei brani, nonché nella semplice quadratura di certe battute e, soprattutto, in quel piglio, quell’attitudine che, ai tempi, estremizzò il punk rock.
La freschezza che, forse, come segno particolare caratterizza meglio la musica dei TuXedo, si trova anche nel loro modus operandi compositivo. Seppur legate assieme da un unico filo conduttore, il personale stile della band, i brani si muovono parecchio nel proporre soluzioni sempre diverse, mai ripetitive. La tecnica in carico all’ensemble mitteleuropeo non è indifferente, tutt’altro, e questo gli consente di mettere su rigo, con eleganza e immediatezza, le tante variazioni sul tema che frullano nella testa dei suoi membri.
Un sintetico excursus fra le canzoni porta in evidenza il bel gioco fra i riff di “Anger”, la monoliticità di “Ignorance”, la brutale veemenza di “Boom”, le acute dissonanze di “World Of Deadhearted”, i toni drammatici di “Rethink Your Choice”, il mosh di “Fight”. Poi, il melanconico incedere di “Social Scum”, le dolci armonie di “I’m Always Here”, l’hardcoreggiante “Deambula”, il tritacarne “Self-Absorbed Folk”, song violentissima, e infine il groove di “Dying Sheep”. L’insieme sopra elencato manca forse dell’acuto, della canzone super; di quello, cioè, che può innalzare ulteriormente la qualità artistica di un’opera comunque già meritoria.
Sì, perché “Flowerfield Melodies” è un esempio lampante di come si possano trovare sempre e comunque delle ispirazioni, anche atipiche, tali da portare una ventata d’innovazione o di particolarità in un genere che, magari, pare aver già dato tutto. Bravi i TuXedo a farcela!
Daniele “dani66” D’Adamo
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