Recensione: Fly

Di Alessandro Zaccarini - 1 Marzo 2006 - 0:00
Fly
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Anno: 2006
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80

“Tutto ciò che nella sua specie è perfetto deve trascendere la sua specie, deve diventare qualcosa d’altro, qualcosa d’incomparabile. In certe note l’usignolo è ancora un uccello, ma poi si solleva al di sopra della sua classe e sembra voler insegnare ad ogni pennuto che cosa realmente significhi cantare.” (Ottilia. Le Affinità Elettive, Goethe).

Se i Blind Guardian hanno da sempre seguito un’etica, mostrando un’attitudine e un coraggio tale da rimettersi ogni volta in discussione, questa non può essere che quella dell’esplorazione. Grazie a questa attitudine pionieristica, i Blind Guardian hanno portato la loro musica così singolarmente lontano da diventare un gruppo incomparabile.

Questo processo musicale è stato sempre stato contrassegnato da una forte polemica, perché l’evoluzione che ha permesso alla band tedesca di dislocarsi dalla massa in cui la maggior parte delle band classic continua a trovare la propria ubicazione, è qualcosa che non riscuote le simpatie di certi modi intransigenti di concepire la musica, ed è qualcosa di unico che non ha eguali nella scena classica contemporanea. Dischi sempre diversi ma mai opposti, passi assestai uno dopo l’altro con una cura e una dedizione sempre più sorprendente. Fly è – ancora più dei suoi predecessori – un nuovo punto cardine per la carriera della band, che si presenta per la prima volta su Nuclear Blast e senza il buon Thomen Stauch dietro le pelli.


Fly
Annunciato come il brano più complesso e inusuale di quelli che comporranno l’ottava fatica da studio della band di Krefeld, Fly porta in grembo tutte le paure e i timori del caso, per poi svelare tutte le sue virtù e annientare una a una le angosce e gli allarmi che fluttuano attorno a ogni nuova composizione del Guardiano. Dieci secondi spiazzanti come non mai lasciano il posto a un pezzo clamoroso. Chitarre ritmiche aggressive e in grande evidenza (come non fu sempre in A Night at the Opera) e una sezione ritmica da lasciare senza fiato. Sì, perché tra break e bridge rallentati, nei riff di Fly si scatenano i Blind Guardian più irruenti. Una condotta che sconvolge come non mai all’inizio, ma che ascolto dopo ascolto manifesta tutte le sue trame, in una continuità che si rivela con impressionante naturalità.
Manca quasi del tutto la venatura epica che caratterizzò tanti classicissimi, il ritornello è quanto di più atipico ci si possa aspettare… eppure il brano tuona il nome ‘Blind Guardian’ in ogni sua parte. Sognante e schiaccia-ossa allo stesso tempo, farcita di accorgimenti di una finezza sconvolgente, Fly è qualcosa prima da capire, poi da godere dal primo all’ultimo secondo.

Skalds & Shadows
Non poteva esserci regalo migliore per i nostalgici della ballate dell’era di mezzo (Lord of the Rings / The Bard’s Song (In the Forest) / A Past and Future Secret): Skalds & Shadows raccoglie l’eredità dei capolavori acustici che hanno segnato il periodo più epico dei Blind Guardian, unendone gli stilemi in una versione da brividi. Il brano nasce su una struttura molto vicina a In the Forest (un arpeggio semplice e pieno di passione per l’antico, armonizzato la seconda volta) e si muove su lande molto vicine a A Past and Future Secret, con un flauto – portato alla causa dal nuovo batterista Frederik Ehmke, che è cresciuto nella musica folk – che impreziosisce il sentimento vetusto di questo malinconico racconto dei bardi del Nord.

In A Gadda da Vida (Iron Butterfly Cover)
Ci vuole una dose si sana follia per pensare di racchiudere oltre 17 minuti di acid-blues-rock pseudo-psichedelico basato su improvvisazioni strumentali e tribalismi, in un brano speed metal di 3:37. Dose di follia che non è mai mancata ai Blind Guardian, e che fortunatamente fiancheggia doti di musicisti, compositori e arrangiatori ogni volta più sorprendenti. In breve, una maniera splendida per onorare il primo disco di platino della storia del rock (era il 1966) e uno dei capolavori della musica.

Qualche riga per Frederik Ehmke, tra mille conferme scoperta più che rassicurante. Quando si cambia un membro, in una macchina perfetta che funziona da oltre venti anni, qualcosa rischia di non andare per il verso giusto. Invece il giovane Ehmke si guadagna una promozione a pieni voti, nel mantenere una continuità con lo stile di Stauch (prima di tutto la pioggia serrata di elementi) e talvolta anche arricchendolo con soluzioni ritmiche e strumentali che non appartenevano più di tanto ai modi del buon Thomen.

A conti fatti, l’unico aspetto non pienamente convincente è la cover: bella e suggestiva senza dubbio, come sempre piena di citazioni di quella che ormai è diventata l’iconografia dei Blind Guardian, ma senza quella scintilla che da Battalions of Fear a Imaginations Through the Looking Glass (ebbene sì, anche della tanto contestata copertina di A Night at the Opera) aveva caratterizzato tutti gli artwork che suggellavano la musica del combo di Krefeld. Sarà colpa dello stile troppo noto di Anthony Clarkson? Forse. In ogni caso per l’album è lecito aspettarsi una presentazione artistica più carismatica e singolare.

A proposito dell’album in previsione per fine estate, Fly è più di un piccolo passo verso quello che sarà il disco. Se Somewhere Far Beyond aveva portato i Blind Guardian in terreni lontani mai visitati, se Imaginations from the Other Side aveva aperto un passaggio segreto con l’anima, se Nightfall in Middle Earth, geniale crepuscolo di malinconia, aveva raccontato la caduta della notte sulle terre di Tolkien, e se A Night at the Opera era una teatrale e pomposa dimostrazione di onnipotenza… Fly (e Skalds & Shadows) sembrano aprire le porte di quello che si preannuncia essere – come da working-title annunciati per il full, e testi di questo singolo – un labirinto da cui i Blind Guardian pare usciranno ancora una volta vincitori.

Tracklist:
1. Fly
2. Skalds & Shadows
3. In A Gadda Da Vida (Iron Butterfly Cover)

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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