Recensione: For Crying Out Loud

Di Eugenio De Gattis - 23 Aprile 2016 - 8:00
For Crying Out Loud
Band: Shiraz Lane
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2016
Nazione:
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75

Fra le tante citazioni de I Simpson dedicate al mondo del Rock, ce n’è una molto divertente che vede un presentatore introdurre una band, annunciandola come i Whitesnake… con grande sorpresa del frontman, che lo corregge: “Non siamo i Whitesnake amico, siamo i Poison!”, pure il bassista però sembra spaesato e commenta a sua volta: “Pensavo fossimo i Quiet Riot”, finché il batterista, indicando il tipico logo sulla cassa, conclude: “Qui dice che siamo i Ratt”. Tutto ciò per ironizzare su quel periodo in cui, a seguito dell’esplosione commerciale del genere, anche gruppi “insospettabili” decisero di cavalcare l’onda, dando vita ad una scena eccessivamente conformata, nella quale, ancora oggi, risulta difficile stabilire chi ha fatto chi. Un po’ come sta capitando in Scandinavia, dove la storia si ripete a distanza di qualche decennio, con la massiccia operazione revival portata avanti da Hardcore Superstar, Crashdïet, Crazy Lixx, H.E.A.T, Santa Cruz, ecc. Vanno ad inserirsi in questo filone anche gli Shiraz Lane, che infatti sono finlandesi ed evidentemente, più che alla città iraniana, devono il nome al vino Shiraz. Pensando forse ad una variante raffinata dello scadente “Nightrain”, reso celebre dai Guns N’ Roses. E non a caso questi ultimi sono elencati fra le loro maggiori influenze, assieme a gruppi storici come gli Aerosmith ed alcuni più recenti tipo i Darkness. Gli Shiraz Lane del resto sono giovanissimi e possono prendersi il lusso di mescolare a piacimento i vari sottogeneri, fondendo vecchio e nuovo, attitudine stradaiola e sonorità catchy. Cosa che si riflette anche nei contenuti, dove brani decisamente spensierati si alternano ad altri di profonda critica sociale.

 
“For Crying Out Loud” è il loro vero e proprio esordio discografico, dopo tre EP autoprodotti, incluso quel “Be The Slave Or Be The Change” che ha attirato l’attenzione di Frontiers Music, facendogli guadagnare un contratto e pure la presenza nel bill del Frontiers Rock Festival per l’edizione 2016.

L’album si apre col botto. “Wake Up” è una mazzata Sleaze degna dei migliori Skid Row e quando Hannes Kett sale di tonalità ricorda Robert Fleischman nella sua breve parentesi con i Vinnie Vincent Invasion. La vocalità di questo ragazzo risalta sin da subito ed è l’elemento che più di ogni altro caratterizza il sound dell’intera band. Probabilmente ha fatto pratica su Youtube con ciò che resta delle mitiche lezioni di Jim Gillette (Nitro), tanto è “estremo” il modo di tirare un falsetto che non lascia mezze misure: piace o non piace. Infatti convince nella rabbiosa opener ed in parte nell’energica title track, ma va peggio in altri passaggi, comunque ben congegnati dal punto di vista strumentale, tipo “Momma’s Boy” e “Mental Slavery”, pezzo ripescato dal già citato EP, assieme alla bluesy “Behind the 8-Ball”. Senza infamia e senza lode poi “House of Cards”, così come i brani più ariosi, derivati pari pari dalla band dei fratelli Hawkins: “Begging for Mercy” e “M.L.N.W.” (Make Love Not War). E un po’ sottotono, purtroppo, le ballad “Same Ol’ Blues” e “Bleeding”, considerato che da tradizione dovrebbero invece essere un punto di forza, ovvero lo strumento per spalancare le porte del successo. 

Ricapitolando, in questo “debutto” sicuramente degno di nota, la prova di Hannes Kett è allo stesso tempo croce e delizia, anche per la scelta di metterla così in primo piano nella produzione. Che ci sia talento, ad ogni modo, è fuori discussione ed il fatto che gli Shiraz Lane facciano venire in mente paragoni importanti la dice lunga. Anzi, dopo “For Crying Out Loud” si è quasi assaliti dalla voglia di tornare ad ascoltare roba vergognosamente tamarra, come solo gli anni ’80 sanno essere. Insomma, l’operazione revival viene portata a compimento con successo, ma per ora ci si ferma lì. In fondo, sono pur sempre dei ventenni, per quanto già capaci di vincere la Wacken Metal Battle nel loro Paese ed approdare così sul prestigioso palco, ancor prima di aver pubblicato un full length. Solo il futuro ci dirà se saranno in grado di mantenere le attese, sperando che non prendano, a proposito di Germania, la parabola discendente imboccata dai colleghi (ed ex giovani promesse) Kissin’ Dynamite. 

 

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