Recensione: For The Demented
‘For The Demented’ è il sedicesimo album in studio del Canadesi Annihilator, band che da parecchio incarna lo spirito del chitarrista Jeff Waters, membro fondatore ed unico superstite della formazione originale, principalmente per colpa del suo stesso egocentrismo.
Nati nel 1984, in quel di Ottawa, si fanno conoscere nel 1986 con il Demo ‘Phantasmagoria’. Il salto di qualità lo fanno nel 1989 con l’album d’esordio ‘Alice in Hell’, seguito, nel 1990, da ‘Never, Neverland’, entrambi capolavori della scena Thrash Metal e non solo, tanto che agli Annihilator è stato riconosciuto il ruolo di ‘padri fondatori’ del Technical Thrash, vero sottogenere.
Poi, da lì in avanti, defezioni, abbandoni, scioglimenti, riprese e, soprattutto, svolte musicali controverse e non sempre felici portarono un vero scompiglio, facendo piombare il combo in una fase di pericoloso e lento declino. Nessuno dei successivi tredici album raggiunse l’apice dei primi due e la band divenne sempre più la creatura del già citato Jeff Waters.
Ora, nel 2017, il talentuoso chitarrista, a cui và l’onore di non essersi mai arreso, ci riprova, mantenendo intatta la formazione presente sul live ‘Triple Threat’ del 2016, che vede il nostro Fabio Alessandrini dietro le pelli, pubblicando ‘For The Demented’, il nuovo Full-Length.
L’album è una vera accozzaglia d’idee: ritmiche Thrash più o meno tecniche, cadenze dense di groove, Rock ‘n’Roll, momenti funky ed allucinogeni. Un po’ di tutto insomma, come se Waters ci tenesse a far sapere che è in grado di comporre e suonare qualsiasi cosa.
Purtroppo, però, anche se la maggior parte dei pezzi, se presi singolarmente, non è malvagia, la discontinuità del loro insieme invece di accontentare un po’ tutti rischia di non soddisfare nessuno.
A questo si deve aggiungere un difetto che è presente in tutti i brani, tranne che nello strumentale ‘Dark’: la voce di Jeff Waters che non è proprio simile a quella di Elvis Presley. Vero che, generalizzando, molti dei cantanti Thrash di oggi sembra che prima di esibirsi facciano i gargarismi con i chiodi (escluso, Joey Belladonna, Bobby ‘Blitz’ Ellsworth e tanti altri naturalmente), ma, per ‘For The Demented’, investire in un vero vocalist avrebbe senz’altro giovato.
Tra i pregi, invece, gli assoli di chitarra, alcuni veramente eccezionali, ma a questi il buon Waters ci ha sempre abituato. Ben suonate anche le parti di batteria e di basso.
Ed è questo il rimprovero: la bravura dei musicisti (voce a parte) e la loro esperienza non basta a giustificare un album che, alla fine, è solo mediocre a causa di idee che, per quanto tante, sono limitate e non sempre ben espresse.
Eppure il lavoro parte bene: ‘Twisted Lobotomy’ è una sfuriata oltre misura, suonata a velocità inusuale per gli Annihilator. Il brano è una buona congiunzione tra il Thrash degli esordi e quello moderno.
Anche la successiva ‘One to Kill’ ha un buon tiro, meno veloce della precedente ma più tecnica, con una buona scansione ‘strofe – contro strofa e refrain deciso’ ed una seria energia sviluppata nell’assolo.
Tempo di abituare le orecchie ad un po’ di sana cattiveria che gli Annihilator svoltano bruscamente: la Title-Track ‘For the Demented’ è un Mid Tempo con venature blues che, per quanto carico di potenza, è abbastanza statico.
La successiva ‘Piece of You’ è una slow song che interpone momenti romantici ad altri più forti; l’assolo finale è molto emozionante.
Si arriva alla fase centrale dell’album: ‘The Demon You Know’ sembra un brano dei Megadeth meno thrasher; è molto ridondante e non colpisce affatto.
‘Phantom Asylum’ inizia con un arpeggio psichedelico angosciante che, a parere di chi scrive, poco centra con il resto del pezzo: un Thrash con strofe veloci e refrain pestato. Stoppa un po’ il tutto una schitarrata che ricorda i film alla ‘spaghetti western’ ed, alla fine, il pezzo non è molto coinvolgente.
‘Altering the Altar’ mette in luce la bravura di Fabio Alessandrini; per il resto è un pezzo che, per quanto dirompente, è un po’ casinaro.
Ottavo pezzo, nuova svolta: ‘The Way’ è praticamente un Rock n’ Roll di quelli che vogliono far divertire. Con me, purtroppo, non c’è riuscito. Peccato.
La successiva e già citata ‘Dark’ è un brano strumentale abbastanza inutile che introduce il brano di chiusura: ‘Not All There’ è un Thrash con una buona ricerca melodica, con l’assolo interposto tra due brevi sezioni funky tipo ‘Febbre del Sabato Sera’ che, sinceramente, non sono riuscito a capire perché siano state inserite.
Terminando, dai gruppi storici ci si aspetta sempre molto per cui si fa presto ad esserne delusi ed è vero che i capolavori incontrastati sono difficili da replicarsi (si prendano, ad esempio, tre album a caso: ‘Master of Puppets’ dei Metallica, ‘Reign in Blood’ degli Slayer ed ‘Among the Living’ degli Anthrax, mai superati dagli stessi artisti in tutti questi anni), ma ‘For the Demented’ è veramente distante da ‘Alice in Hell’ e ‘Never, Neverland’ e non riesce a colpire più di tanto.
Qualche brano si salva, qualche idea spunta ma per il resto sembra un insieme di esercizi per evidenziare quanto Jeff Waters sia bravo a suonare la chitarra (cosa di cui non si è mai dubitato, tra l’altro). Con vero dispiacere, il giudizio non raggiunge la sufficienza.