Recensione: For We Are the Plague

Di Gianluca Fontanesi - 6 Dicembre 2023 - 15:19
For We Are the Plague
Band: Maladie
Etichetta: Apostasy Records
Genere: Avantgarde  Black 
Anno: 2023
Nazione:
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83

Nell’underground esistono tante cose belle, e una di queste sono i Maladie. E’ bellissimo essere loro fan, e il motivo è presto detto: i Maladie sono come uno dei tuoi migliori amici. Non ti tradiscono mai, sono sempre presenti, confortanti ma mai compassionevoli; ti sostengono nei tuoi momenti difficili, ti fanno ridere, piangere, emozionare e vengono con te ai concerti. Ah, no, questo no, di concerti non ne hanno ancora fatti, sono pigri e sornioni e per ora producono solo dischi. Questi simpatici ragazzi tedeschi sono in sodalizio con la Apostasy Records da inizio carriera e oggi siamo qui per festeggiare la decima uscita! 2012 – 2023, avete campito benissimo: i Maladie sfornano album alla velocità di un accoppiamento tra conigli, li sfornano quasi tutti da 70 minuti e sempre di qualità medio/alta. Non esiste un album brutto di questa band, si può scegliere magari il meno bello, ma a livello artistico questi ragazzi non hanno mai sbagliato un colpo.

For We Are the Plague riesce in qualche mondo ad alzare ulteriormente l’asticella e a dare alle stampe quello che, alla lunga e dopo tantissimi ascolti, si rivela come il miglior album in assoluto assieme a …Symptoms…, prima parte di un concept suddiviso in tre ep, che vi consigliamo. L’entrata nell’universo dei Maladie, per un neofita, potrebbe rivelarsi uno shock come il passaggio dal liquido amniotico al mondo reale, e in molti potrebbero desistere. Il denominatore comune, la parola chiave per capire questo mondo è esagerazione. E quando avete ben focalizzato l’esagerazione in musica, sappiate che qui si va oltre.

Hanno sempre definito la loro proposta come “plague metal”, e For We Are the Plague finisce, volente o nolente, per esserne il manifesto definitivo. Come suona? Non ve lo diciamo, o meglio, solo in parte. Non è giusto rovinare la sorpresa, questa è un’opera che va ascoltata e assaporata in lungo e in largo e per diverso tempo, come Black Medium Current dei Dhg. La proposta musicale dei Maladie è un’entità in una forma perennemente e volutamente instabile e mutevole. Sai sempre che suoneranno musica estrema ma non sai mai in quale maniera. In questo disco si passa dal black metal più oltranzista al black’n’roll, dall’avantgarde al piano bar, dalle canzoni natalizie al death metal fino ad arrivare a un gran finale completamente folk. E non solo. I Maladie suonano tutti i generi, inseriscono nella loro proposta qualsiasi cosa e non si fanno problemi a tirare fuori un flauto traverso mentre cantano come un suino dal macellaio. In questo disco ci sono echi townsendiani, trollate a go go e la stessa band sembra divertirsi un sacco ancor prima dell’ascoltatore. Si chiamano gli assoli come i grandi sfoggi di tamarraggine di una volta, a un certo punto la voce dice: “beh, dai, adesso cambiamo ancora genere” e lo speaker arriva anche a chiamare un breakdown.

Se la prima parte dell’album può essere considerata un buon riscaldamento, la seconda è da vero e proprio stato di grazia e non ce n’è per nessuno. L’unico appunto che si può fare, che poi è il motivo principale per cui non stiamo parlando di un capolavoro a tutto tondo, è che spesso e volentieri si esagera. Quello che rende pietre miliari gli ultimi lavori di Vicotnik, ad esempio, è il saper limitare e centellinare le idee facendole rendere al massimo. I Maladie tutto questo non lo fanno e non l’hanno mai fatto, inseriscono tutto lo scibile in strutture lunghe, complesse ma talvolta anche troppo labirintiche. Cambiano lingue, linguaggi, registri e stili in un amen e spesso possono risultare disorientanti anche per un orecchio molto allenato. D’altro canto, però, se tutto questo non fosse presente, non avremmo i Maladie. O meglio, li avremmo diversi e potrebbero anche non piacerci.

Dei nostri migliori amici quindi apprezziamo anche i difetti, li conosciamo e sappiamo benissimo che la perfezione non esiste, ma alla fine della fiera ci va bene cosi; passano gli anni, le età e loro sono sempre lì al nostro fianco, come i Maladie, regolari come il moto di rivoluzione della Terra, indispensabili come le stagioni.

Uno dei segreti meglio custoditi dell’undergound, scopriteli.

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