Recensione: For You Men Who Gaze into the Sun

Di Manuele Marconi - 19 Novembre 2020 - 14:29
For You Men Who Gaze into the Sun
Band: Antzaat
Genere: Black 
Anno: 2020
Nazione:
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La terra belga si conosce per la tradizionale fecondità nell’arte della lavorazione del luppolo, madre delle migliori feste e del più spensierato divertimento. La terra di Bruxelles non risulta però fertile solo per i frutti poc’anzi citati, ma ha anche una buona tradizione di semi del male dalla sua parte, forieri di un rigoglioso movimento black metal. A questo movimento possiamo sicuramente associare gli Antzaat. I quattro di Anversa propongono nel loro primo full lenght un lavoro di qualità sotto tutti i punti di vista. Dopo un’incubazione di tre anni dopo l’esordio tramite EP, “For You Men Who Gaze into the Sun” si presenta come un album asciutto, e assolutamente fruibile nei suoi 45 minuti scarsi di durata: la buona intro sulle note di un organo apre le danze, con un brano di apertura valido ma senza particolare carattere, che però anticipa l’esplosione artistica del quartetto. Infatti la titletrack risulta un pezzo fantastico, con un lavoro ottimo dietro le pelli e scalate a salire e scendere fra le note tetre che animano la composizione. “Radiant Fire” si fa notare sempre per l’ottima prova ritmica e alla sei corde, in particolare il brano è caratterizzato da tanti stop & go, che non lo rendono vario in sé ma diverso dalla traccia precedente, dando piuttosto sfumature diverse all’album nel complesso. “Through the Eyes of a Rotten Mind” è sicuramente l’episodio più rimarchevole dell’opera: ottima la commistione sonora fra basso chitarra e batteria, con il primo che la fa da protagonista ad inizio pezzo, e rimane molto presente anche dopo. La chitarra risale in cattedra spezzando in due la canzone all’incirca a metà, prendendo il posto del basso per un momento per poi tornare sullo sfondo, senza dimenticare una batteria ispiratissima e puntuale. Le parti vocali rientrano nei canoni del genere e ben si sposano al contesto, la produzione inoltre è pulita al punto giusto e contemporaneamente rende il suono pesante e opprimente. Ci troviamo ad analizzare un lavoro sostanzialmente senza veri difetti, un’opera solida e incredibilmente completa per essere un primo album effettivo, che nell’ascolto emergono saltuariamente dei riferimenti ai polacchi Mgla, il piatto è servito. E si tratta di una prelibatezza.

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