Recensione: Forbidden Dimension

Di Riccardo Angelini - 7 Marzo 2006 - 0:00
Forbidden Dimension
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Anno: 2005
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55

A chi volgesse lo sguardo all’odierna geografia dei guitar-hero, l’Italia apparirebbe senz’altro illuminata da una luce particolarmente intensa. Merito delle nuove generazioni, determinate ad affermarsi come punti di riferimento di domani e già avviate su una strada più che promettente, come dimostrano tra gli altri recenti uscite come l’autorevole debutto di Gianluca Ferro e il gradito ritorno di Simone Fiorletta. E la seconda prova da studio di Francesco Fareri può, a conti fatti, essere ritenuta una nuova conferma.

Con quattro anni di esperienza in più sulle spalle Francesco, contrariamente a quanto avvenuto nell’occasione del debutto, decide di concentrarsi sulle sole sette corde, avvalendosi dell’esperienza di professionisti del settore per quanto riguarda gli altri strumenti. E il contributo di Kyle Honea al basso e Jon Doman alla batteria si rivela sicuramente prezioso, non solo sotto il profilo tecnico, ma anche sotto quello compositivo. I riflettori infatti, sebbene comprensibilmente puntati in via privilegiata sulle chitarre, non di rado si soffermano anche sugli altri strumenti, mettendo in luce ora le individualità, ore una buona sintonia nelle reciproche sovrapposizioni: nota di merito in particolare alle tastiere di Bob Katsionis, che producono pregevoli intrecci di assoli concatenati alle chitarre di Francesco.
Non si può d’altro canto negare che, a dispetto – o forse proprio a causa di – una durata che sovente si affaccia oltre la soglia dei nove minuti, diversi brani denotano una certa ridondanza sonora, intensificata da costruzioni a tratti fin troppo involute e da una velocità di esecuzione sempre molto elevata. Se da un lato strutture di questo tipo denotano senza dubbio una preparazione tecnica di prim’ordine e ragalano all’orecchio allenato diversi passaggi degni di interesse, dall’altro tale supersonica orgia sonora rischia di produrre terribili emicranie nell’ascoltatore impreparato. Il prevedibile risultato è che qualcuno finirà puntualmente per denunciare la mancanza di quel calore, di quel trasporto che si vorrebbe sempre accompagnato a una padronanza dello strumento di sì alto livello.
Discorso a parte merita Secrets (Part 2), seguito dell’omonima traccia presente su Suspension, in cui i sussurri della chitarra riescono a crare un’atmosfera intima ed evocativa. Per il resto i brani si attestano su un livello piuttosto omogeneo, condividendo nella diversità delle loro strutture i medesimi pregi e difetti. Spicca forse sugli altri la ben congeniata Winter, che a scapito di una durata meno elevata del solito offre una varietà di soluzioni superiore alla media. Merito anche dell’esperto ospite Vitalij Kuprij (già tastierista di Adagio e Ring of Fire, oggi al lavoro con Artension e Mark Boals), padrone dei tasti d’avorio su tutta la traccia, chiamato ad arricchire il sound col suo gusto tipicamente neoclassico. Peccato solo che una produzione tutt’altro che brillante non valorizzi a dovere i passaggi di maggior pregio.

Ciò che si evince da Forbidden Dimension è che siamo di fronte a un chitarrista dotato di capacità decisamente sopra la media, potenzialmente in grado di ritagliarsi un’ampia fetta di consensi in un futuro non lontano. Bisogna certo lavorare per rendere più diversificate le composizioni, evitando che i brani si riducano a una frenetica sequenza scale un po’ troppo fini a se stesse e insistite variazioni sul tema, ma certamente il tempo gioca dalla parte di Francesco.
Per quanto riguarda il presente, non resta che consigliare l’album ai più sfegatati adoratori della tecnica e dell’alta velocità. Gli altri faranno bene a riservargli quantomeno un ascolto preliminare.

Tracklist:
1. Days (01:42)
2. Illusions (09:00)
3. Evolution (09:59)
4. Reflection (06:57)
5. Secrets (part 2) (04:46)
6. Winter (06:39)
7. Inside (09:41)
8. Atlantide (09:07)

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