Recensione: Forbidden Evil

Di Matteo Lavazza - 23 Agosto 2002 - 0:00
Forbidden Evil
Band: Forbidden
Etichetta:
Genere:
Anno: 1988
Nazione:
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90

I Forbidden sono stati, secondo me, uno dei gruppi più importanti partoriti dalla seconda ondata Thrash Metal proveniente dalla Bay Area, quelli usciti intorno al 1987/88. Purtroppo la band, dopo 2 ottimi album, ha smarrito la bussola, inseguendo i suoni che andavano di moda all’inizio degli anni ’90, smarrendo così la propria identità.
L’iniziale “Chalice Of Blood” è un pezzo che deve essere inserito di diritto tra le migliori Thrash songs i sempre, un pezzo diretto, violento e allo stesso tempo molto tecnico, con Paul Bostaph (come tutti sappiamo è poi diventato il batterista degli Slayer) ha dettare ritmi infuocati e sempre molto preciso. La caratteristica che ha sempre identificato i Forbidden è la voce del cantante Russ Anderson, potente ma anche pulita, molto personale.
La seguente “Off the Edge” è un’altra mazzata, con le chitarre di Craig Locicero e Glenn Alvelais sempre pronte a macinare riff devastanti, e il bassista Matt Camacho ha dare un ulteriore spessore ritmico, come se non bastasse la possente batteria di Bostaph.
Si prosegue con “Through Eyes of Glass”, altro pezzo devastante, con accelerazioni violente, che sembrano incitare al pogo più sfrenato. Bello lo stacco centrale che da respiro all’ascoltatore senza però far perdere potenza al pezzo e il lavoro delle chitarre soliste di prim’ordine.
La title track, “Forbidden Evil” appunto, è un altro pezzo che si potrebbe portare come esempio per far capire alla gente cos’era il Thrash made in U.S.A. a quei tempi. L’inizio del pezzo è basato su tempi non eccessivamente veloci, ma i riff prodotti dalla coppia Alvelais-Locicero sono di quelli che spaccano. Il pezzo prosegue su quelle che sono le caratteristiche della band, cioè cambi di tempo precisi ed efficaci, riff spaccacollo e Russ che ci regala degli ottimi acuti.
L’ascolto prosegue con “March into Fire”, altra song capolavoro, altra mazzata. I Forbidden impressionano per la capacità di creare canzoni così cattive ed allo stesso tempo di una così alta difficoltà tecnica. La prestazione di Bostaph su questo pezzo è a dir poco impressionante, sentendo questa canzone si capisce perché gli Slayer hanno voluto lui per sostituire il grande Dave Lombardo.
Molto belle anche le parti vocali, melodiche ed aggressive allo stesso tempo.
“Feel no Pain”  inizia con I rumori di una battaglia ed atmosfere tristi, per poi trasformarsi nell’ennesima mazzata Thrash. Questo pezzo mi ricorda certe cose degli Slayer, palese fonte d’ispirazione, insieme ai Metallica, del gruppo. La band non fa nulla per nascondere le proprie influenze, rileggendole però in chiave personale e creando uno stile abbastanza personale.
Si arriva a “As Good As Dead” è la band non finisce di stupire e tira fuori un altro gran pezzo. La ricetta è sempre quella, però i Forbidden riescono a dare ad ogni canzone una personalità diversa. Il pezzo è un’altra lezione su come fare del Thrash di alta qualità.
Il finale è affidato a “Follow me”, che viene aperta da un arpeggio di chitarra a metà strada tra il malato e il melodico. Non si può non rimanere stupefatti dalla quantità di riff macinati dalla band, tutti di ottima fattura. Il finale di un gran disco come questo non poteva essere affidato ad una song migliore, il pezzo racchiude tutte quelle che sono le migliori qualità di questo album. Fantastici i vocalizzi stile King Diamond di Russ alla fine della canzone.
Questo “Forbidden Evil” è un gioiello Thrash troppo spesso dimenticato, se vi piace il Thrash della Bay Area degli anni ’80 non potete perdervelo, sarebbe un grave errore.

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