Recensione: Forgotten Glory / شکوه فراموش شده

Di Elisa Tonini - 12 Dicembre 2020 - 8:30
Forgotten Glory /شکوه فراموش شده
Etichetta:
Genere: Black  Folk - Viking 
Anno: 2017
Nazione:
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73

Dopo svariati singoli, EP e demo, gli Akvan – progetto del mastermind Vizaresa – rilasciano nel 2017 tramite Shaytan Productions il primo album “Forgotten Glory /شکوه فراموش شده” , ristampato quest’anno tramite l’etichetta messicana Ah Punch Records.

La musica, definita Iranian influenced black metal si traduce  in una base black metal grezzo, eppure a suo modo dotata di una potenza granitica di derivazione death – specie nella batteria vicina ai Behemoth -. Impreziosiscono, inoltre, occasionali assoli e passaggi dall’aria heavy metal, thrash e doom settantiani e ottantiani. Naturalmente non c’è “Iranian influenced” senza le melodie folk persiane, che sono intessute nel comparto elettrico e, a seconda dei casi, sottolineate oppure totalmente create da strumenti tradizionali locali quali tar e setar. Curiosamente essi risaltano in modo più nitido rispetto al resto, creando un contrasto sognante ma anche profondamente drammatico; inoltre, il loro carattere rotondo, vibrante, oppure secco, enfatizza i toni bassi aumentando ancora di più lo spessore dinamico delle tracce. Si tratta perlopiù di canzoni furiosamente vorticose, ipnotiche, a tratti gelide ma sempre molto emotive. Tra questa tipologia “Blood ov Zal” è probabilmente il pezzo migliore grazie ad una batteria combattivamente sfavillante, in qualche modo simile alla bella “King ov Kings” .

Un brano come “Legacy” aggiunge invece un tono disteso ma ferreo all’animo vorticoso, cosa che va ancora oltre con l’ottima “Fire and Steel”, probabilmente la “summa” di quanto detto sopra, grazie all’innesto di assoli heavy metal e thrash.
Il sapore più classico-occidentale lo si può trovare – escludendo “Interlude” – in “Tabaristan”, che focalizza quasi in toto l’attenzione sulla componente elettrica, unendo davvero molto bene ritmiche taglienti, atmosfere dilatate e contemporaneamente briose. Simile in quanto a struttura le è “IR 655”, fortemente elettrica anch’essa e dotata di una spiritualità oscura ma contemporaneamente molto luminosa.
All’opposto di tutto il resto ci sono l’intro “The Path to Chaos” e l’outro “Silence ov Butterflies” che viaggiano su sonorità totalmente acustiche e tradizionali, sfoggiando un mood disperato ma coinvolgente, soprattutto l’outro.

Con “Forgotten Glory” gli Akvan propongono un debutto essenzialmente molto coerente, più che buono a livello qualitativo ed in quanto a personalità. Di primo impatto potrebbe essere un disco un po’ ostico per chi – come la sottoscritta – è abituato a produzioni più definite. La sua musica, tuttavia piano piano è in grado di “chiamare” l’ascoltatore in modo assolutamente positivo. Seppur a livelli culturali diversi, la band di Vizaresa si ritaglia un posto accanto ai primi lavori dei sauditi Al-Namrood ed agli egiziani Odious di “Mirror of Vibrations”. Forse una graditissima sorpresa per alcuni fan delle sonorità estreme e per gli irriducibili fan del folk metal in tutte le sue forme.

Elisa “SoulMysteries” Tonini

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